“Buffon in quel momento parla del suo destino di atleta e uomo quarantenne, non potersi giocare i supplementari è una scossa durissima: l'immondizia al posto del cuore e tutto il resto è letteratura, e la letteratura è legittima". (Giampiero Mughini)
Ripenso allo sfogo a freddo, non era a caldo, di Gigi Buffon nel post-partita di Madrid. Sulle prime ho scritto che lo comprendevo anche se ne disapprovavo alcuni passaggi, poi ho lasciato che fossero gli altri - giornalisti, dirigenti, ex di tutto, tifosi, lovers and haters - a commentarlo: le offese sui social fanno ormai parte della quotidianità.
Anche il “bidone della spazzatura al posto del cuore” è entrato ufficialmente a far parte del linguaggio calcistico. Contro Buffon si sono schierati tutti gli avversari della Juve (fisiologico), mentre l’Allianz Stadium e la Juve l’hanno eletto a idolo incontrastato: l’arroganza dei vincenti è un must. Vengo al punto. Quello che mi frega è l’immedesimazione: ho provato mentalmente a mettermi nei panni di Gigi e, conoscendomi, sono convinto che avrei detto anche di peggio. Quello che mi frena è il senso di responsabilità, è la consapevolezza data dalla maturità e dall’esperienza, oltre che dal ruolo: in alcune circostanze, anche le più importanti e complesse, è necessario controllare i propri istinti, i sentimenti, specie se si ritiene di essere nel giusto. Non esiste una formula adatta a tutte le circostanze: esiste però il campione che prevale sull’uomo. Lo sfogo di Buffon vale la testata di Zidane a Materazzi nella finale del Mondiale. Non lo ricorderemo per quello, ma per tutto il buono che ci ha dato.