Non arrendiamoci all'ipocrisia

Non arrendiamoci all'ipocrisia
Ivan Zazzaroni
5 min

Il giorno dopo. «Mi dispiace molto per l’accaduto, sai quanto io ci tenga a certi argomenti e per quanto possa valere, volevo farti sapere che, da nero italiano, la prima pagina del Corriere dello Sport non l’ho per niente interpretata come offensiva, bensì come un elogio della diversità usando un titolo provocatorio e assolutamente positivo» ha scritto Joseph Dayo Oshadogan sul profilo Facebook che chiusi due anni fa - mi è stato inviato lo screenshot. “Osho”, lo ricordo, è di padre nigeriano e madre ligure, ha giocato a Pisa, Foggia, Reggio Calabria, Cosenza, Monaco, Terni, Lodz (Widzew) e Lanciano ed è stato il primo giocatore di colore (si può ancora dire?) a vestire la maglia dell’Italia, per la precisione dell’Under 21. Impegnatissimo sul fronte dell’antirazzismo, dieci anni fa fu tra i primi a denunciare un forte disagio: «Lo stadio è un campo neutro dove il sociale viene fuori» spiegò. «L’Italia ha il problema del razzismo, è inutile negarlo».

Le traduzioni dell'articolo su Lukaku e Smalling del Corriere dello Sport

Ieri per noi del giornale è stato Natale, un Natale anticipato, ricco di messaggi, calore e solidarietà, anche sul web è cambiato il “sentiment”: i giornali hanno fatto la loro parte, le istituzioni anche, la gente (la maggioranza) ha capito, si è resa conto dell’infondatezza e della volgarità del linciaggio che abbiamo subìto. «Passerà anche questa» mi ha scritto un importante collega, «i nemici meglio identificarli».

La risposta della redazione è stata emozionante per la compattezza, l’impegno, il senso di appartenenza. Quando nella serata di giovedì ho chiesto ai colleghi se preferissero una prima con la vigilia di Inter-Roma o con la raccolta dei nostri interventi sul tema del razzismo, nessuno ha avuto dubbi: questo è il Corriere dello Sport-Stadio da 95 anni. E questo è il calcio di oggi, un calcio in cui due società prestigiose come Roma e Milan hanno invitato le altre diciotto a chiudere i centri sportivi ai nostri cronisti. Nessuno li ha seguiti.

Noi nemici del razzismo

Posso capire il Milan, che da anni è nella bufera e sta perdendo il contatto con la realtà del mondo calcistico, salvo trovare compagni di ventura in una Roma dimentica di avere avuto da questo giornale non solo il narratore delle sue imprese così come dei giorni duri, ma una tutela appassionata fin dalla nascita, un accompagnamento solidale e la vetrina dei suoi campioni che oggi, come Totti e De Rossi, non riescono a vedersi nei gestori del nuovo corso.

Passino gli idioti del web, gli opinionisti senza storia, i predicatori del nulla, ma due club gloriosi che si fanno promotori di una caccia alle streghe nel loro stesso ambiente, questo no, è imperdonabile (si sono scandalizzati perfino i qatariani di Bein Sports). Come non lo è l’aver sollecitato l’intervento dei due calciatori che - al pari di altri strilloni internazionali - si sono fermati al titolo.

Razzisti a chi?

Se Lukaku e Smalling hanno effettivamente ritenuto offensivo “Black Friday” mi dispiace sul serio, dal momento che sul tema dei “buu” razzisti scambiati per sfottò ho (abbiamo) sempre ripetuto che ciò che conta è la percezione che ne hanno i bersagliati. Non trascuro tuttavia il fatto che a Lukaku certi aggettivi sconvenienti sul titolo e solo sul titolo - omessi il resto, complimenti e celebrazione dell’impegno e della forza di Romelu - sono stati suggeriti dall’agente e dal suo ufficio stampa i quali già una volta si erano distinti per eleganza nei confronti del sottoscritto.

La chiudiamo con queste due pagine. Anche se in realtà la cosa non finisce qui. Continueremo a tenere alta l’attenzione e a denunciare gli episodi di razzismo combattendo il moralismo e l’ipocrisia che stanno devastando le teste del Paese.

L’incipit e la chiusura de ‘L’Amaca’ di Michele Serra (la Repubblica) sono un efficace invito alla riflessione: «Poiché il razzismo è soprattutto cretino» scrive «l’antirazzismo deve cercare di essere intelligente, altrimenti perde il suo fondamentale vantaggio». E poi: «Non so se aiuta a chiudere l’incidente, ma come colonna sonora suggerirei James Brown, “Say it loud, I’m black and I’m proud”. Dillo forte, sono nero e fiero».

 


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