Quanto amore per Mazzone, in migliaia ai funerali: l'emozione attraversa Ascoli

In migliaia ai funerali di Carletto, una grande emozione ha attraversato Ascoli. Don Coccia: 2Un vincente, perché è rimasto sempre umile"
Andrea Ferretti
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Funerale partecipato è dire poco. Ascoli, la città adottiva di Carlo Mazzone ha reso onore ben oltre il lutto cittadino proclamato dal sindaco al mitico allenatore, con una Piazza del Popolo gremita all’inverosimile. Migliaia di persone, sentitamente commosse, che gli hanno voluto rendere l’ultimo saluto, e poco importa se solo una piccola parte di esse abbia potuto avere accesso alla chiesa di San Francesco. Tra loro volti noti, a prescindere da tutta la squadra picena al completo e alle massime istituzioni locali: tra la folla si riconoscevano il presidente del Brescia, Massimo Cellino, i calciatori Gianluca Pagliuca, Giovanni Galli e Vincent Candela, gli allenatori Alessandro Calori, Serse Cosmi, Walter Novellino, Fabrizio Castori, Massimo Silva, Federico Giunti, Roberto Muzzi e, non da ultimo, il suo vice storico Leonardo Menichini. Poi altri quali Giancarlo Marocchi, Alessio Scarchilli, Claudio Bellucci. Ma non erano i volti noti i protagonisti della cerimonia di saluto ad un grandissimo del calcio italiano, celebrata dal vescovo Gianpiero Palmieri insieme all'arcivescovo emerito Piero Coccia, piuttosto la folla, a dire il vero difficilmente quantificabile. Migliaia, non si sa quanti, comunque tantissimi. I sacerdoti hanno giustamente evidenziato che Mazzone era un aggregatore capace di unire tutti, un lungimirante che sapeva guardare sempre oltre. Allenatore all’antica. Definizione che potrebbe suonare come sorpassata, e che invece ne esalta ancor più le straordinarie doti, che per quasi quarant’anni lo hanno fatto amare, e visto fare risultati, in mezza Italia. In chiesa c’erano quasi tutte le delegazioni, o le corone di fiori, in rappresentanza della dozzina di club che ha allenato. Tra i tanti anche gente che in uno stadio non ci ha messo mai piede, venuta solo perché «Mazzone era bravo, ed era una persona seria». Un vecchio sportivo è arrivato con il deambulatore e la sua vecchia sciarpa bianconera degli anni Settanta, dopo mesi e mesi che non usciva più di casa. Solo per lui. 

Carlo Mazzone, un mito

Messa solenne. Cantata. Emozione palpabile. Sciarpe e lacrime. Per l’omelia si alternano don Andrea Tanchi e don Piero Coccia. Il primo ci scherza su. «Come avrebbe fatto Carlo, con la complicità della sua famiglia, abbiamo cambiato la formazione a sorpresa». Sono entrambi infatti vecchi amici di tutta la famiglia Mazzone, e il vescovo Gianpiero Palmieri si è accomodato più che volentieri... in panchina. Da profondi conoscitori, di vecchia data, di tutta la famiglia, i due sacerdoti hanno centrato i temi. Don Andrea ha sottolineato il ruolo di educatore di Mazzone, che ha saputo tirare fuori il meglio, soprattutto umanamente, da tanti suoi giocatori. Stabilendo spesso con loro un legame affettivo reciproco e profondo. Don Piero Coccia, ex arcivecovo metropolita di Pesaro, ma, soprattutto, ex parroco della chiesa del Crocifisso dell’Icona, la parrocchia dei Mazzone, ne sintetizza le tante qualità, non comuni, soprattutto oggi nel mondo del calcio. «Carlo ha volato alto - ha detto - libero, anche dai condizionamenti, con onestà, senza scheletri nell’armadio. Ha amato il suo lavoro. Con serietà, rigore, scrupolo. E’ stato esigente e lungimirante, senza mai risparmiarsi. Un lottatore. Un vincente perché rimasto sempre uomo semplice, umile, riuscendo a trasmettere la sua essenzialità anche ai suoi giocatori».


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