Fagioli, Zaniolo e Tonali: l’ebbrezza di perdere

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Fagioli, Zaniolo e Tonali: l’ebbrezza di perdere
Alessandro Barbano
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Mi serve a staccare la testa, dice Nicolò Zaniolo nell’intervista di ieri a “la Repubblica”, rivendicando il suo diritto ad andare a ballare una volta la settimana. E come dargli torto? Se però accade che tre dei più quotati talenti del calcio nazionale s’infilino in un giro di scommesse che può costare loro la carriera, vuol dire che la testa è così attaccata da sentire il bisogno di mozzarsela di netto, in senso metaforico naturalmente. Hai vent’anni o giù di lì, stipendi da comprare tutto ciò che desideri e di più, una carriera radiosa davanti. Bisogna trovarsi per capire cosa ti scatta, ma una cosa è certa. Se uno come loro punta il suo futuro sui circuiti clandestini, non è per l’ebbrezza di vincere, ma per quella di perdere. Si dice: è la ludopatia. Ma non è la stessa dei disperati che infilano a raffica monete nelle macchinette nella speranza di sbancarle. La speranza dei calciatori è altrove, in campo. Nelle scommesse c’è un’altra cosa che li attira come una calamita infernale: si chiama “cupio dissolvi”, con un idioma latino che indica il desiderio di dissoluzione. Per Freud è l’istinto di morte. Per i ricchi ragazzi del pallone è gettare giù dalle spalle la gloria che non sentono di meritare. La bravura, la felicità sono la cosa più difficile da accettare. Non a caso accade che i bambini piangano e si disperino senza un motivo, dopo una grande gioia. Tutto questo per dire che il calcio non può distribuire fiumi di denaro senza offrire in egual misura educazione, cultura, responsabilità.

È davvero impossibile che succeda? È davvero impossibile che un ventenne di successo affronti con egual profitto allenamenti professionali e percorsi di studio e di formazione autentici, non i diplomi farlocchi comprati dalle società senza che una sola lezione sia stata effettivamente frequentata e un solo libro sia stato aperto? Possiamo rispondere al quesito in due modi. Il primo dice: lo faceva anche Buffon. E allora siamo rovinati. Perché se lo ha fatto il più grande campione azzurro degli ultimi decenni, vuoi che non possano farlo Fagioli, Zaniolo e Tonali? Il secondo modo di rispondere al quesito è andare a vedere che cosa accade nei vivai olandesi e di altri paesi in cui il calcio è ancora sport, cultura, esempio. Si gioca, si studia, si cresce, si assume una leadership in nome e per conto di altri. Vuol dire che si può fare. E vuol dire che il calcio italiano ha bisogno di una grande riflessione collettiva attorno al suo ritardo. Una doverosa chiosa. Fagioli, Zaniolo e Tonali sono innocenti fino a sentenza passata in giudicato, e la loro rinuncia a partecipare al doppio impegno di qualificazione agli Europei è un dazio altissimo per la Nazionale e per tutti i tifosi italiani. Perché, sia detto per inciso, la cosa che stona di più in questa vicenda, certamente più delle presunte condotte dei talenti azzurri, è lo scoop di Fabrizio Corona all’unisono con il blitz della polizia nel ritiro della Nazionale. Il processo giudiziario-mediatico ieri sera ha toccato un’acme di volgarità che mai si era vista.


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