Caso scommesse, il piacere di infrangere le regole

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Caso scommesse, il piacere di infrangere le regole© ANSA
Ivan Zazzaroni
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Dice: sono ludopatici, ragazzi di poco più di vent’anni con un solo talento, tantissimi soldi in tasca, altrettanto tempo libero e cattive compagnie. Sono malati, malati del gioco, specie di quello sbagliato. Non ci basta: non li giustifica. I ludopatici hanno a disposizione decine di possibilità: slot machine, lotterie, gratta e vinci, poker online, bingo, giochi da casinò e casinò online, corse di cavalli, cani, pulci e zecche. Il calciatore che punta il proprio denaro sulle partite di calcio è un ludopatico che ha fatto l’upgrade: incurante dei terribili precedenti di altri colleghi, prova piacere nell’infrangere le regole, è il bambino che di nascosto dalla madre ruba la marmellata anche se la marmellata non gli va.

Al calciatore le scommesse sono proibite dal regolamento eppure da decenni incontriamo professionisti che giocano tanto in campo quanto fuori. Talvolta più fuori che in campo.

Esistono tuttavia confini oltre i quali non si può andare: l’alterazione del risultato (il reato più grave) e la puntata sulla partita della propria squadra (seconda per importanza: illecito sportivo). Nel mezzo del casin di nostra vita - carne fresca per i social e i vomitatori sul calcio di professione - fioccano le accuse a questo e a quello: c’è chi chiede le dimissioni di Gravina, senza peraltro chiarire quali siano le responsabilità del presidente. Trovate che sia una mossa intelligente la decapitazione sulla sfiducia della federazione, e di riflesso della procura, proprio in un momento in cui si rende necessaria la stabilità istituzionale? A ’sto punto perché non pretendere anche le dimissioni dei famigliari e degli amici dei giocatori, oltre naturalmente a quelle dei dirigenti di club ai quali i calcia-scommettitori appartengono, visto che non sono riusciti a educarli, fermarli o, ultima ratio, a denunciarli.

Siamo nuovamente di fronte a un’autentica tragedia sportiva, mentale e morale, ma dobbiamo provare a ragionare e agire con la testa, non con il fegato, senza farci prendere dall’ansia giustizialista.

Ieri, con il condirettore Barbano, da sempre supergarantista, ci siamo chiesti se fosse davvero necessario il blitz a Coverciano disposto dalla procura di Torino con l’obiettivo di sequestrare gli smartphone dei calciatori, considerati corpi del reato. Blitz il cui primo effetto è stato costringere Spalletti a rinunciare a Tonali e Zaniolo alla vigilia di un doppio importante impegno di qualificazione agli Europei.

La motivazione di tanta urgenza è stata lo scoop di Fabrizio Corona, che ha anticipato il coinvolgimento dei due azzurri nelle scommesse. Una volta avvisati che si indagava su di loro, i calciatori avrebbero potuto far sparire i telefonini.

Ma chi ha dato la notizia a Corona? La procura federale sportiva aveva interrogato Fagioli nei giorni scorsi, e il verbale contenente i nomi dei due colleghi era stato inviato appena 24 ore prima alla procura di Torino. Chi ha passato le informazioni al più famoso dei gossipmaker?

La fuga di notizie comporta il reato di “rivelazione di segreto istruttorio”, punito dal codice penale con un anno di reclusione. A cui potrebbe perfino aggiungersi il reato ben più grave di favoreggiamento, poiché l’anticipazione dell’indagine potrebbe aver agevolato i due calciatori nell’occultamento delle prove.

Propenderemmo per informatori noti allo stesso Corona, gli stessi che in queste ore stanno riempiendo la rete di liste con nomi importantissimi.

Dimenticavo: stasera a Bari l’Italia di Spalletti affronta Malta.


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