Ci vuole il Sorvegliante

Caso scommesse: racconto di chi, da Bernardini a Don Oronzo Pugliese, si dava da fare per preservare "i suoi figli"
Ci vuole il Sorvegliante© LAPRESSE
Italo Cucci
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«Al mio allenatore importa qualcosa di me: questo dovrebbe poter dire ogni ragazzo. “Di me personalmente”, “di me” come giocatore, ma inevitabilmente anche di me come ragazzo; il mio allenatore spera che non fumi, che non impenni con il motorino, che non faccia arrabbiare troppo la mamma…». È vero, io sono all’incirca coetaneo di Edmondo De Amicis, tributario del Cuore (seppur mi riconosceva Sangue Romagnolo) facile a frequentar favole - perché ne ho vissute, tante - eppure questa è una nota d’attualità firmata da Raffaele Mantegazza (non so se discendente del Paolo (1831-1910) che ci insegnava a non prendere malattie veneree) nel libro “Il ‘mio’ allenatore”, ovvero «colui che conosce un paio di soluzioni in meno per il calcio… ma i cui occhi brillano quando prende in mano il pallone e lo posiziona sul campo». Ci vuole il Sorvegliante - dico io, responsabilizzandolo vieppiù - quando gli scandali coinvolgono il giocatore che finisce, come in queste ore, al centro del fattaccio scommesse, sia egli reo confesso - come Nicolò Fagioli - o pentito in lacrime - come Sandro Tonali, presunto ludopatico - o solo indagato, ma già pubblicamente condannato, come Nicolò Zaniolo.

Da Bernardini a don Oronzo Pugliese

Ne ho conosciuti, di Mister padri & Controllori, in particolare nella mia vita bolognese. A partire da Fulvio Bernardini, che ai ragazzi suggeriva una condotta di vita salutare, propinava cultura e storia anche da ex giornalista, insegnava a giocare a bridge anziché a rubamazzo: a essere onesti e infatti quando qualcuno ne accusò alcuni di doping essi furono assolti; proseguendo con Fabbri, duro moralista, e ancora con il professor Scoglio (predicatore di sani amori), Mazzone, eroico paterfamilias. Ma il vero Sorvegliante era don Oronzo Pugliese, amico eterno, che accettava anche il ridicolo pur di preservare i suoi… figli dai peccati della carne, dalle finte amicizie, dai mestatori di professione - dunque dalla corruzione - e dai vizi che non erano solo sigarette ma anche quella deboscia che significava dissolutezza, vita sregolata, crapula, gozzoviglia. Onesto, insegnava onestà. Ed era amico di Padre Pio, il santo che ricambiò l’amicizia con una santa leggerezza favorendo con santità una storica vittoria del Foggia sull’Inter. E così il Mago Herrera - altro allenatore severissimo - fu sconfitto dal Mago di Turi Oronzo Pugliese. Ora pro nobis.  


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