Aldo Serena, intervista esclusiva: "Devo tanto a Falcao e Zico. Scirea, Maldini, Baresi e le regole della prima vita"

Milan-Juve, ma anche molto altro, con uno degli ex calciatori più sensibili e stimati, oggi commentatore Sky. Dalle raccomandazioni di Boniperti prima della sfida di San Siro alle attenzioni di Berlusconi
Aldo Serena, intervista esclusiva: "Devo tanto a Falcao e Zico. Scirea, Maldini, Baresi e le regole della prima vita"© Bartoletti
Ivan Zazzaroni
TagsSerena

Aldo Serena è l’uomo per tutte le stagioni e tanti derby, anche gli extracittadini come Milan-Juve. «Ormai sono nella stagione grigia» precisa «e in dirittura d’arrivo, il bello è alle spalle». 

Se non cambi registro ti mollo qui. 
«Stagione meno scintillante di un tempo, ma faccio il possibile per restare a galla».

Così va meglio. Con tuo figlio tutto a posto, è tornato a giocare? 
«Viviamo in una società in continua trasformazione ed è naturale che anche il calcio giovanile ne risenta. Ci sono famiglie che hanno aspettative troppo alte, genitori per i quali il figlio che gioca a calcio non è più solo un figlio, ma un progetto di fama e benessere. Educazione, tolleranza e rispetto sono diventati valori trascurabili. Quello che è successo in campo al mio altro non è che uno dei tanti episodi che dalle mie parti si verificano troppo spesso il venerdì e il sabato sera. Situazioni tossiche». 

Alla provocazione segue spesso la rissa. Intendi questo? 
«L’hanno provocato, l’hanno spinto, gli hanno sputato in faccia e detto qualcosa di poco piacevole sui suoi genitori, lui ha reagito. L’hanno circondato in quattro, quello di fronte a lui lo menava, poi è intervenuto l’arbitro. Ha provato a difendersi, quando è rientrato nello spogliatoio s’è chiuso dentro. Ho reso pubblica la cosa, pensavo che potesse essere utile». 

Dici? 
«Allenatori, dirigenti, genitori del calcio giovanile e dilettantistico, il più vulnerabile ma anche il più formativo, devono stare in allerta: cerchiamo di capire in tempo quando si sviluppano dinamiche simili e fermiamo questa deriva«. 

Tuo figlio è grande e grosso come te? 
«Macché, ha 15 anni, uno e ottanta e magretto. Ha capito di aver sbagliato».

Ti avevo chiamato per parlare di Milan-Juve e guarda dove siamo andati a parare. 
«Resto in tema allora. Quando giocavo ne ho prese tante».

Ma ne hai anche date: non vorrei che questo discorso fosse interpretato male, come una sorta di istigazione alla violenza. 
«Erano tempi duri, non c’erano tante telecamere e non c’era il Var, alcuni difensori ti intimidivano fisicamente, tracciavano linee oltre le quali non dovevi andare mai». 

Il più scorbutico? 
«Ruggeri, lo stopper dell’Argentina, aveva la laurea. Ma ricordo anche Danova del Toro, che poi sarebbe diventato mio compagno di squadra. Vecchia guardia, legnate in anticipo, la più efficace tra le marcature preventive». 

Inter, Milan, Torino, Juve: non ti sei fatto mancare proprio nulla. La più forte, tra quelle frequentate? 
«Quella in cui ho giocato poco, il Milan ‘92-93. Davanti c’erano Van Basten, Papin, Gullit, Massaro, Simone e ci metto anche Savicevic. Io ero al capolinea, forse avrei giocato poco anche se avessi avuto cinque anni di meno».

Milan-Juve a chi o dove ti riporta? 
«A Boniperti che la sera del sabato ci faceva il discorsetto: “Domani dovete mettervi il vestito buono in campo”. San Siro esercitava un fascino speciale su di lui. Forse perché era a nato a Novara, tutta la carriera a Torino e non aveva mai giocato per Inter e Milan. Voleva vincere facendo anche bella figura. E Berlusconi, il periodo sfavillante».


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Vi riempiva di attenzioni. 
«Dalla cura dei giardini di Milanello all’importanza che dava alla sfida con l’Avvocato. Il sabato arrivava in ritiro con l’elicottero, pranzava con noi e poi c’era il momento della relazione alla squadra. Una volta mi disse di non salire in camera e di aspettarlo. Pensai, adesso mi fa la ramanzina perché gioco poco». 

E invece? 
«“So che la tua mamma non sta bene”, disse “e che è ricoverata al San Raffaele, io sono qui, per ogni cosa. Ricorda sempre che la mamma è la donna più importante della tua vita”. Provo un po’ di imbarazzo nel ripetere la sua frase, testuale».

Perché? 
«Perché temo che possa risultare offensiva nei confronti delle donne in genere».

Chi è stato l’Aldo Serena calciatore? 
«Un uomo che s’è rimboccato le maniche e s’è tanto divertito. Ho sempre pensato di non essere un campione, soltanto dopo aver chiuso ho riflettuto sul percorso».

Giungendo a quale conclusione?  
«Tre i punti, le chiavi: memoria, osservazione e ascolto. Non ho mai dimenticato le mie origini, da dove venivo, ad esempio: scuola e lavoro fino a 18 anni. E poi ho sempre osservato il comportamento dei giocatori più importanti. Ho saputo ascoltare. Ti racconto questa: Udinese-Torino, io stavo alla grande, mentre Schachner non ne infilava una giusta. In campo cominciai a mandarlo affanculo. A un certo punto si avvicinò Zico, nostro avversario, e mi disse: “Non vedi che è in difficoltà? Più lo offendi e peggio fa”. Uno schiaffo morale che non ho mai dimenticato. Non mi sono più permesso di prendermela con un compagno».

Qualche Milan-Juve l’hai anche deciso. 
«Un pari a San Siro, 1-1, giocavo nella Juve e segnai un bel gol a Giovanni Galli».

Sapevi ascoltare, hai detto. 
«Roma-Inter 3-2, avevo 21 anni, entrai a quindici dalla fine, dalla respinta di Tancredi sul mio tiro nacque il gol di Altobelli. A fine partita Falcao mi prese da una parte: “Guarda che hai le gambe lunghe come le mie e se in area resti fermo arrivi sempre secondo perché ci metti il doppio del difensore a scattare. Muoviti, non restare impalato. Da quel momento ho cominciato a caracollare in mezzo all’area, aveva ragione lui».

Dall’84 al ‘90 sei stato nel giro della Nazionale. 
«Insieme a compagni eccezionali. Uno come Scirea non esisterà mai più, in campo sapeva essere attaccante e difensore, aveva un peso specifico e un’influenza superiori. Ho condiviso l’esperienza con altri grandi difensori come Maldini e Baresi. Ma il compagno tecnicamente più forte, con più qualità e fantasia resta Roberto Baggio».

Un giorno hai detto: «Ho sempre dato importanza alle relazioni umane, nella mia epoca non erano merce rara. Si potevano intrattenere con i giornalisti e i tifosi. Il calcio non era solo campo. Non era solo gol, ma anche un dialogo diretto, continuo e appassionato. Ora è tutto filtrato, virtuale. I rapporti sono più comodi e veloci, ma se manca la fisicità, se non ci si guarda negli occhi, è tutta un’altra cosa». 
Aldo, mi sa che hai ragione tu: è proprio grigia. 


© RIPRODUZIONE RISERVATA

Aldo Serena è l’uomo per tutte le stagioni e tanti derby, anche gli extracittadini come Milan-Juve. «Ormai sono nella stagione grigia» precisa «e in dirittura d’arrivo, il bello è alle spalle». 

Se non cambi registro ti mollo qui. 
«Stagione meno scintillante di un tempo, ma faccio il possibile per restare a galla».

Così va meglio. Con tuo figlio tutto a posto, è tornato a giocare? 
«Viviamo in una società in continua trasformazione ed è naturale che anche il calcio giovanile ne risenta. Ci sono famiglie che hanno aspettative troppo alte, genitori per i quali il figlio che gioca a calcio non è più solo un figlio, ma un progetto di fama e benessere. Educazione, tolleranza e rispetto sono diventati valori trascurabili. Quello che è successo in campo al mio altro non è che uno dei tanti episodi che dalle mie parti si verificano troppo spesso il venerdì e il sabato sera. Situazioni tossiche». 

Alla provocazione segue spesso la rissa. Intendi questo? 
«L’hanno provocato, l’hanno spinto, gli hanno sputato in faccia e detto qualcosa di poco piacevole sui suoi genitori, lui ha reagito. L’hanno circondato in quattro, quello di fronte a lui lo menava, poi è intervenuto l’arbitro. Ha provato a difendersi, quando è rientrato nello spogliatoio s’è chiuso dentro. Ho reso pubblica la cosa, pensavo che potesse essere utile». 

Dici? 
«Allenatori, dirigenti, genitori del calcio giovanile e dilettantistico, il più vulnerabile ma anche il più formativo, devono stare in allerta: cerchiamo di capire in tempo quando si sviluppano dinamiche simili e fermiamo questa deriva«. 

Tuo figlio è grande e grosso come te? 
«Macché, ha 15 anni, uno e ottanta e magretto. Ha capito di aver sbagliato».

Ti avevo chiamato per parlare di Milan-Juve e guarda dove siamo andati a parare. 
«Resto in tema allora. Quando giocavo ne ho prese tante».

Ma ne hai anche date: non vorrei che questo discorso fosse interpretato male, come una sorta di istigazione alla violenza. 
«Erano tempi duri, non c’erano tante telecamere e non c’era il Var, alcuni difensori ti intimidivano fisicamente, tracciavano linee oltre le quali non dovevi andare mai». 

Il più scorbutico? 
«Ruggeri, lo stopper dell’Argentina, aveva la laurea. Ma ricordo anche Danova del Toro, che poi sarebbe diventato mio compagno di squadra. Vecchia guardia, legnate in anticipo, la più efficace tra le marcature preventive». 

Inter, Milan, Torino, Juve: non ti sei fatto mancare proprio nulla. La più forte, tra quelle frequentate? 
«Quella in cui ho giocato poco, il Milan ‘92-93. Davanti c’erano Van Basten, Papin, Gullit, Massaro, Simone e ci metto anche Savicevic. Io ero al capolinea, forse avrei giocato poco anche se avessi avuto cinque anni di meno».

Milan-Juve a chi o dove ti riporta? 
«A Boniperti che la sera del sabato ci faceva il discorsetto: “Domani dovete mettervi il vestito buono in campo”. San Siro esercitava un fascino speciale su di lui. Forse perché era a nato a Novara, tutta la carriera a Torino e non aveva mai giocato per Inter e Milan. Voleva vincere facendo anche bella figura. E Berlusconi, il periodo sfavillante».


© RIPRODUZIONE RISERVATA
1
Aldo Serena, intervista esclusiva: "Devo tanto a Falcao e Zico. Scirea, Maldini, Baresi e le regole della prima vita"
2
Pagina 2