Aldo Serena è l’uomo per tutte le stagioni e tanti derby, anche gli extracittadini come Milan-Juve. «Ormai sono nella stagione grigia» precisa «e in dirittura d’arrivo, il bello è alle spalle».
Se non cambi registro ti mollo qui.
«Stagione meno scintillante di un tempo, ma faccio il possibile per restare a galla».
Così va meglio. Con tuo figlio tutto a posto, è tornato a giocare?
«Viviamo in una società in continua trasformazione ed è naturale che anche il calcio giovanile ne risenta. Ci sono famiglie che hanno aspettative troppo alte, genitori per i quali il figlio che gioca a calcio non è più solo un figlio, ma un progetto di fama e benessere. Educazione, tolleranza e rispetto sono diventati valori trascurabili. Quello che è successo in campo al mio altro non è che uno dei tanti episodi che dalle mie parti si verificano troppo spesso il venerdì e il sabato sera. Situazioni tossiche».
Alla provocazione segue spesso la rissa. Intendi questo?
«L’hanno provocato, l’hanno spinto, gli hanno sputato in faccia e detto qualcosa di poco piacevole sui suoi genitori, lui ha reagito. L’hanno circondato in quattro, quello di fronte a lui lo menava, poi è intervenuto l’arbitro. Ha provato a difendersi, quando è rientrato nello spogliatoio s’è chiuso dentro. Ho reso pubblica la cosa, pensavo che potesse essere utile».
Dici?
«Allenatori, dirigenti, genitori del calcio giovanile e dilettantistico, il più vulnerabile ma anche il più formativo, devono stare in allerta: cerchiamo di capire in tempo quando si sviluppano dinamiche simili e fermiamo questa deriva«.
Tuo figlio è grande e grosso come te?
«Macché, ha 15 anni, uno e ottanta e magretto. Ha capito di aver sbagliato».
Ti avevo chiamato per parlare di Milan-Juve e guarda dove siamo andati a parare.
«Resto in tema allora. Quando giocavo ne ho prese tante».
Ma ne hai anche date: non vorrei che questo discorso fosse interpretato male, come una sorta di istigazione alla violenza.
«Erano tempi duri, non c’erano tante telecamere e non c’era il Var, alcuni difensori ti intimidivano fisicamente, tracciavano linee oltre le quali non dovevi andare mai».
Il più scorbutico?
«Ruggeri, lo stopper dell’Argentina, aveva la laurea. Ma ricordo anche Danova del Toro, che poi sarebbe diventato mio compagno di squadra. Vecchia guardia, legnate in anticipo, la più efficace tra le marcature preventive».
Inter, Milan, Torino, Juve: non ti sei fatto mancare proprio nulla. La più forte, tra quelle frequentate?
«Quella in cui ho giocato poco, il Milan ‘92-93. Davanti c’erano Van Basten, Papin, Gullit, Massaro, Simone e ci metto anche Savicevic. Io ero al capolinea, forse avrei giocato poco anche se avessi avuto cinque anni di meno».
Milan-Juve a chi o dove ti riporta?
«A Boniperti che la sera del sabato ci faceva il discorsetto: “Domani dovete mettervi il vestito buono in campo”. San Siro esercitava un fascino speciale su di lui. Forse perché era a nato a Novara, tutta la carriera a Torino e non aveva mai giocato per Inter e Milan. Voleva vincere facendo anche bella figura. E Berlusconi, il periodo sfavillante».