Il tre febbraio corre per il terzo mandato, tre mesi dopo il plebiscito assembleare con il quale ha portato a casa i nuovi pesi elettorali salvando il salvabile (i dilettanti) dopo l’entrata a gamba tesa della politica a sostegno della Serie A. Se i numeri hanno un senso, quelli di Gabriele Gravina indicano una strada: quella dell’unità dopo tante guerre interne che hanno dilaniato il movimento. La mano tesa è arrivata dalle proprietà straniere del massimo campionato: stanche dei giochi politici, chiedono alla Figc di mettere in sicurezza un sistema che ha debiti abnormi e di guardare alle opportunità del mercato per non fare del pallone il solito gioco a perdere degli imprenditori. «Bisogna completare un percorso condiviso», ha detto il presidente in un’intervista al Corriere della Sera motivando il tris. Si ricandida non senza togliersi qualche sassolino dalla scarpa. L’inchiesta sulla compravendita dei libri antichi? «Il reato di auto riciclaggio è completamente infondato». Le operazioni per screditarlo? «Forme di aggressione che non hanno precedenti in un Paese civile». Il dossieraggio? «Fango». La questione giudiziaria andrà avanti, ma con tempistiche indefinite.
La corsa
Siccome, parola di presidente, «l’82% vota Gravina», è sempre più concreta la possibilità che alle elezioni si presenti da candidato unico. Gli oppositori ancora in trincea, ieri in minoranza per la terza volta in un mese in Lega A (a proposito di numeri che tornano...), nei giorni scorsi hanno fatto un tentativo per Del Piero. L’ex capitano della Juve non ha accettato ma non ha neppure chiuso la porta, ricordando anche pubblicamente che serve qualcuno «che si siede attorno a un tavolo e ti dice “parliamone”». Alex, consapevole dei rapporti di forza in campo, non vuole andare a sbattere, né affrontare una sfida che rischia di perdere già in partenza.