Arbitri, più uniti e meno rischi

Leggi il commento del direttore del Corriere dello Sport - Stadio
Ivan Zazzaroni
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Ripetute, gravi e insopportabili violenze subite sul campo hanno indotto gli arbitri del Lazio a ipotizzare insoliti, ma comprensibili, moti di protesta. Complicato è stato, al solito, produrre una sintesi, trovare una soluzione comune.

Inizialmente doveva essere un’ora di sospensione, praticamente il blocco di tutti i campionati dilettantistici. Il ripensamento, frutto di trattative a vari livelli, merita un ringraziamento alla categoria che ha rinunciato a esibire non solo ai violenti il segno del potere: senza arbitri non si gioca. Tant’è che gli indefessi produttori del nulla meditano da tempo una soluzione ad alta tecnologia, verosimilmente ottenuta con l’Intelligenza Artificiale: l’abolizione dei fischietti. Non è una bufala, è un’ipotesi che circola da tempo. Dicevo del ringraziamento: in che forma? Estendendo la protesta a livello nazionale. Con un forte impegno ad affrontare il problema in diversi modi, innanzitutto approfondendo la documentata debolezza di un settore che in decenni di onorata esistenza ha subìto affronti polemici, ma non così gravi attacchi fisici. Questa ribellione degli arbitri è un segnale di crisi storico. Uno sciopero arbitrale fu annunciato dal designatore presidente grand uff Marcello Nicchi nel 2018, ma si trattava di affari di bottega e fu cancellato. Resta solo memoria dello sciopero del ‘26 quando la categoria respinse l’arroganza dei padroni del vapore e una forte ribellione guidata dal mitico arbitro Giovanni Mauro finì per produrre una vera rivoluzione: il campionato a girone unico nazionale del 1929.

Il malessere odierno è riferito al Lazio, ma è il frutto di una crisi globale: l’avvento del Superarbitro Tecnologico ha indotto i dirigenti a continui, imperfetti e nocivi ricorsi a correttivi regolamentari dimenticando il primo doveroso impegno dell’AIA, la tutela degli arbitri.

Povero Tavecchio, lo convinsero a comunicare che la VAR era lo strumento della pace. Eccola.

Ora, siamo noi giornalisti i primi a criticare l’arbitro, sui suoi errori costruiamo paginate, trasmissioni, speciali, finendo per serializzare il tema. All’arbitro facciamo spesso un mazzo tanto, perciò non siamo esenti da responsabilità, ma sono le stesse di chi manda in giro gente non ancora pronta.

Fatta la necessaria autocritica, segnalo che siamo sempre noi della stampa i pochi disposti a interfacciarci col settore per tentare di migliorare la situazione generale. Due o tre cose voglio infine sottolinearle in ordine sparso:

1) La crisi delle “vocazioni” è un fatto accertato, così come lo è lo scadimento dei formatori, degli educatori dei vari comitati provinciali e regionali che dovrebbero fornire al calcio arbitri attrezzati cominciando proprio dalle giovanili.

2) Alla moltiplicazione delle partite non ha corrisposto quella dei direttori di gara, non escludo perciò che presto si possa tornare agli zii o ai papà con un bel fischietto in bocca e chi s’è visto s’è visto.

3) Sarebbe opportuno che ad alto livello - Aia - si smettesse di litigare per i posti al sole: il settore ha bisogno di unità, ma unità vera, non di campagne denigratorie nei confronti del designatore del momento alimentate anche dall’interno, oltre che da ex trombati. Basta con governo e opposizione, con lotte intestine che tolgono serenità a chi ne avrebbe tanto bisogno.

4) I rimborsi spese, poi, sono diventati pie illusioni: sarebbe utile restituire un minimo di continuità ai pagamenti.


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