Prosegue a Buenos Airse il processo per la morte di Diego Armando Maradona. Arrivato alla nona udienza, è stato il giorno di Veronica Ojeda, ex compagna del Pibe de Oro dal quale ha avuto il figlio Diego Fernando. Durante la testimonianza, la Ojeda ha raccontato come si era riavvicinata a Maradona durante la malattia: "Un massaggiatore mi aveva chiamato dicendomi che sarei stata l'unica che poteva salvarlo". Da lì le visite nelle case di Bellavista e Brandsen, fino all'intervento alla Clinica Olivos: "Volevano vederlo stare male, non volevano che fosse cosciente. Sul decorso post-operatorio a casa ci dissero che era la soluzione migliore, che ci sarebbero stati degli infermieri e che sarebbe stato come in un ospedale".
Maradona, la testimonianza dell'ex compagna: "Mi chiedeva sempre aiuto"
Ojeda prosegue: "Diego mi chiedeva sempre aiuto e io non sapevo come fare. Sapevo che lo tenevano sequestrato. Lui aveva paura di tutto. Quando andavo via mi diceva 'portami con te'". Veronica Ojeda andò a trovarlo due volte nell'appartamento dove poi è morto: "La prima volta l'ho visto bene, contento, ha giocato con Dieguito, anche se non mi sembrava una casa adatta a un ricovero". La seconda avvenne due giorni prima della morte e racconta, in lacrime: "Era da solo, c'erano solo la guardia del corpo e un'infermiera bionda che era seduta nel soggiorno a leggere una rivista. Quando entro, dico: 'Diego, cosa ti è successo?'. Era gonfio, sfigurato, con la pancia gonfia, le mani gonfie". È stato ascoltato anche Mario Schiter, componente dell'equipe medica che nel 2000 portò Maradona a Cuba per curarne i problemi cardiaci: "La scelta del ricovero domiciliare mi sembrava un po' rischiosa. Conoscendo Diego, non lo avrei suggerito perché al di là di tutte le patologie, non era un paziente semplice da gestire. Un centro di riabilitazione sarebbe stato un luogo più protetto".