È un fiume in piena Paul Pogba, che non senza difficoltà trova la forza di rivivere gli ultimi anni della sua vita. Depressione, stress, problemi fisici e mentali, gli infotuni, la squalifica per doping, la solitudine e la sofferenza di un calciatore lontano dal suo amato pallone e dalla sua passione da bambino: tutto nascosto agli occhi della sua famiglia, per proteggerli dal dolore di un padre e marito tormentato, che però prima di tutto è un uomo. Il momento buio però Paul sembra averlo lasciato alle spalle e ora a 32 anni è tornato a sognare con la testa del "piccolo Paul Pogba di Roissy-en-Brie, che vuole diventare un professionista e non vede l'ora di tornare a giocare". In una lunga intervista a GQ France, il centrocampista inizia dagli anni al Manchester United: "Non capivo. Ero un giocatore con un ruolo importante nella squadra e all'improvviso mi sono ritrovato in panchina. Non riuscivo a parlare, non c'era comunicazione. Non ero felice, e un giocatore di calcio che non è felice non può giocare bene. Sono caduto in depressione senza nemmeno rendermene conto. Perché nessuno ci insegna cosa sia la depressione. Finché non ho iniziato ad avere buchi nel cuoio capelluto. Non capivo cosa fosse. Mi hanno detto che era stress".
Pogba, la Juventus e la squalifica per doping
Lo scorso 11 marzo il nazionale francese ha finalmente scontato i 18 mesi di squalifica per doping dell'agosto del 2023, ridotti poi con il ricorso dopo la condanna a 4 anni, e ora non solo può tornare ad allenarsi ma soprattutto a cercare una squadra che creda in lui e che gli permetta di tornare a giocare ad alti livelli dopo quasi tre anni. "Se ci avessi messo quattro anni, avrei smesso di giocare a calcio. Non volevo dirlo pubblicamente, ma è quello che pensavo. Non ho capito. Perché? Mi hanno dato la pena massima, il che significa che non avevano davvero ascoltato nulla di quello che avevo detto. A Torino prendevo il pallone e giocavo da solo fuori. Mi arrangiavo con quello che avevo. Ma non volevo restare a Torino. La mattina portavo i miei figli a scuola, ed era proprio accanto al campo di allenamento, che sofferenza e che rottura di scatole", ha detto Pogba.
L'estorsione alla famiglia Pogba
Il campione del mondo del 2018 in tutto ciò ha dovuto anche reagire al processo che lo ha visto protagonista insieme alla sua famiglia di un tentativo di estorsione, da parte di una banda di criminali vecchi amici della quale faceva parte anche il fratello Mathias: "Ho nascosto tutto di questa estorsione. Mia moglie non lo sapeva, e nemmeno i miei figli. Quando tornavo a casa dall'allenamento, dovevo recitare la parte del padre e del marito sereno. Tenevo tutto per me. Alla fine, mi ha logorato dentro. In quel periodo ho fatto tutto il possibile per restare concentrato sul calcio, ma è diventato troppo difficile. Avevo così tante preoccupazioni che ho smesso di giocare. Eppure ci ho provato. Sapevo che era l'unico modo per farmi dimenticare questi problemi. Ma in realtà, cosa rappresenta il calcio? Due ore al giorno? Solo due ore al giorno per divertirmi. Ogni volta che finiva, cercavo di gironzolare nello spogliatoio, di stare con i miei compagni di squadra. Ma alla fine, devi tornare a casa. Mi chiedevo quando sarebbe finito tutto. Ha avuto un impatto sul mio corpo. Ecco perché non potevo tornare indietro. Il futuro? Oggi ci sono proposte. Arrivano da ogni dove, non solo l'Europa. Voglio vedere cosa mi si addice di più. Perché sono in un periodo cruciale della mia vita e della mia carriera. È una decisione che prenderò il tempo di soppesare".