
Fa un certo effetto risentire oggi le sue confessioni a cuore aperto nel documentario “Fragile - la storia di Nicolò Fagioli”, realizzato dallo Juventus Creator Lab su Amazon Prime e uscito lo scorso novembre. Come è iniziata la storia, le cifre giocate, il tunnel senza luce, le minacce e la richiesta d’aiuto. Il centrocampista della Fiorentina, in prestito dalla Juve con obbligo di riscatto, aveva raccontato il suo calvario: “Io ho iniziato a giocare qualche scommessa con gli amici quando avevo 16 anni - diceva Fagioli - era un modo diciamo stupido per passare il tempo, poi pian piano negli anni è sempre più peggiorato. Diventava molto più frequente, molti più giorni. Magari ti alzavi al mattino con la voglia non di andare a fare una passeggiata con gli amici, ma di andare a fare una scommessa con gli amici. Quando ho iniziato a fare le puntate più alte? Penso sia stato in Under 23, dove ho iniziato a giocare più soldi del normale. In realtà all’inizio io non giocavo per vincere soldi, all’inizio non ne avevo bisogno, giocavo per l’adrenalina che mi dava, questo era il problema principale”.
Fagioli, il covid e l'inizio del periodo buio
Le carte della nuova inchiesta sulle scommesse illegali online, che coinvolge 12 calciatori di Serie A, ha riportato il suo nome e la vicenda in primo piano. Fagioli ha scontato sette mesi di squalifica dopo il patteggiamento con la Procura Federale e questo per lui è un capitolo chiuso, come ha sottolineato il suo legale Armando Sibari: “Quando giocavo alla Cremonese - ha raccontato nel documentario - avevo preso il Covid a gennaio, e mi era durato circa 25 giorni, un mese. Stavo tanto tempo in casa e in quel periodo lì avevo scommesso diverse volte ed era diventato sempre più automatico farlo, ho incominciato a capire che potevo aver qualche problema. Sono andato al Sert per parlare con qualcuno che si occupasse di gioco d’azzardo, però poi non mi sembrava tanto utile e pensavo di non aver bisogno di persone specializzate per uscire da questa cosa”. A un certo punto Nicolò ha capito che la situazione gli stava sfuggendo di mano, che non era più un semplice passatempo: “Ho iniziato a capire che potesse esserci qualcosa di pesante a Settembre del 2022, quando sono arrivato di nuovo alla Juve. Continuavo a sfuggire dai problemi, ma diventavano sempre più grosse le somme e i problemi, però non volevo ammetterlo a me stesso e dicevo, 'vabbè non succederà niente'. Sono andato avanti così 6-7 mesi. Cioè, ogni tanto vincevo, ma ripagavo quello che avevo perso prima. Nel momento più brutto facevo anche 12-13 ore attaccato al telefono, e passavano come se fossero 2-3 ore, sembrava tutta una bolla con te stesso che non ti accorgevi di niente”.