È l'inizio di una nuova era, cantava Jovanotti. Raffaele Palladino, alle 12, si presenterà come neo allenatore della Fiorentina. L'ex Monza succederà a Vincenzo Italiano, il cui ciclo a Firenze è stato il più duraturo dai tempi di Vincenzo Montella (2012-2015): prima dell'ormai nuovo tecnico del Bologna, esaminando solo il lustro di Rocco Commisso, c'erano stati gli avvicendamenti dello stesso Montella, Beppe Iachini, Cesare Prandelli, ancora Iachini, infine Rino Gattuso (durato due settimane). Non sarà facile, insomma, ereditare un triennio intenso quanto divisivo. Anche perché la delusione incamerata per via delle tre finali perse in due anni si legherà sempre alla consapevolezza di averle raggiunte, e quindi di essere passati da un periodo di rottura rispetto agli anni precedenti in cui i viola si erano trovati in situazioni come minimo di stallo. Rischiando anche di scivolare nella categoria cadetta. Pericolo che fortunatamente non si è mai concretizzato.
Il profilo
Palladino è un allenatore professionale, aziendalista, misurato. Lo dimostra la sua comparsata di pochi minuti durante la conferenza di fine stagione tenuta i primi giorni del mese dalla dirigenza. In quell'occasione il tecnico campano ha avuto modo di manifestare il suo entusiasmo ringraziando in modo particolare il patron Commisso: «Di lui mi hanno colpito il grande entusiasmo, la passione e l’umanità. In due minuti abbiamo trovato l’intesa e l’accordo su tutto. Sono consapevole che sto rappresentando un club prestigioso e con una grande storia. Lo porterò più in alto possibile». È presumibile che una delle domande più gettonate oggi riguardi il modulo di riferimento perché, se all'inizio dell'esperienza al Monza aveva puntato sul 3-4-2-1, in un secondo momento Palladino ha scelto di virare sul 4-2-3-1. In base alle scelte tattiche saranno anche più chiari i giocatori su cui insistere.