Dai 191 centimetri di Lukaku ai 180 di Simeone, dai 183 di Kvaratskhelia ai 176 di Neres. Antonio Conte cambia il Napoli, in lungo e in largo, per la partita secca dei sedicesimi di Coppa Italia in programma oggi alle 21, al Maradona, contro il Palermo. In palio ci sono gli ottavi di finale con la Lazio, la dimensione minima che gli azzurri hanno vissuto negli ultimi quindici anni e che ora, anzi dopo la paradossale stagione post scudetto, vale il primo e vero obiettivo della stagione. Minimo. Dicevamo. Il signor Antonio stravolgerà la formazione iniziale rispetto a quella che sabato ha cominciato la partita di campionato con la Juventus a Torino: c’erano Meret, oggi alle prese con un problema all’adduttore della gamba sinistra, e poi altri nove uomini che partiranno dalla panchina a cominciare proprio da Rom e Kvara, con Di Lorenzo, Rrahmani, Buongiorno, Olivera, Anguissa, McTominay e Politano a completare la rivoluzione. Un maquillage senza trucco per mostrare l’altra faccia del Napoli: Caprile in porta, per la prima volta titolare a Fuorigrotta, dov’è nato suo padre, dopo aver esordito all’Allianz al posto dell’infortunato Alex; Mazzocchi, il deb assoluto Rafa Marin, Juan Jesus e Spinazzola nella linea a quattro esibita per la prima volta con la Juve e subito riproposta; a centrocampo Gilmour e Lobotka, unico confermato della squadra che sabato ha cominciato la partita allo Stadium ; Neres, Raspadori, Ngonge a comporre il tris di trequarti alle spalle di Simeone. Un 4-2-3-1 per caratteristiche degli interpreti che però, come sempre, da sistema di gioco e principi di Conte sarà piuttosto fluido.
La chance per Neres
Un bel po’ gli esordienti dall’inizio, insomma: Caprile, Marin, Gilmour, Ngonge e Neres. L’uomo in più di questo avvio, il brasiliano tutto dribbling e fantasia che ha ricamato, cucito e servito tre assist nei primi tre spezzoni collezionati con Bologna (al Cholito), Parma (ad Anguissa) e Cagliari (a Buongiorno). La magica serie s’è fermata a Torino, nei 17 minuti - più recupero - che questa volta non sono stati sufficienti a calare il jolly che sarebbe stato davvero clamoroso. Va già bene così, per carità. Molto. Ma oggi per David sarà l’occasione di ricominciare dal primo minuto, di raccontare al Maradona che il suo calcio non è soltanto la sintesi di uno spaccapartite eccezionale, per chi non l’avesse ammirato all’opera negli anni della gloria con l’Ajax o magari con il Benfica.