Doppio ex da giocatore, doppio ex da allenatore. Ci sono tante vite nella vita di Fabio Capello: la Torino bianconera e la Roma giallorossa, però, ne costituiscono una parte significativa, fatta di vittorie e trasferimenti mai banali, che a distanza di decenni vengono ricordati come fosse ieri. Tutto iniziò nel 1946 a Pieris, in un Friuli lontano geograficamente e per abitudini da quelli che sarebbero stati i luoghi della sua vita. Capello cominciò a giocare nella squadra del paese, come il papà. La prima svolta a 16 anni, quando Paolo Mazza – presidente della Spal a cui è intitolato lo stadio di Ferrara – lo notò e decise di portarlo in Emilia per due milioni di lire, anticipando anche Gipo Viani che lo avrebbe voluto al Milan. All’epoca, i procuratori non avevano la stessa voce in capitolo di oggi e, vista l’età del giovane Fabio, fu papà Guerrino a voler mantenere la parola data alla Spal nonostante le pressioni e il blasone del Milan. Due anni alla Spal, e lì esordì anche in Serie A, nella stagione in cui la squadra scese di categoria. Il tempo di una stagione, e subito il ritorno in A, con Capello già leader, a soli 19 anni, ma vittima pochi mesi dopo di un grave infortunio al ginocchio che gli fece perdere metà stagione.
Con la Roma
Non esistevano neanche le plusvalenze, negli anni Sessanta: la Spal, però, vendette Capello alla Roma a 130 volte la cifra spesa pochi anni prima. Il club giallorosso, nel 1967, sborsò infatti 260 milioni per portarlo in giallorosso, in un’estate in cui arrivarono diversi colpi importanti: giocatori di esperienza come Jair ma anche giovani come Capello. L’avventura in giallorosso non iniziò bene, colpa dei residui dell’infortunio di Ferrara. Segnò il primo gol con la nuova maglia proprio alla Juventus, ma non incise. L’arrivo di Helenio Herrera sulla panchina della Roma cambiò tutto: Capello divenne uno dei pilastri di una squadra che chiuse all’ottavo posto ma vinse la Coppa Italia. La terza e ultima stagione a Roma di Capello (1969-70) vide un’ulteriore delusione per la Roma e si concluse ancora peggio, con un maxi scambio di mercato. Alla Roma, che si prese anche una contropartita economica da 600 milioni di lire, arrivarono Luis Del Sol – grande regista, ma sul viale del tramonto – e due giocatori talentuosi, ma dal carattere non facile come Zigoni e Bob Vieri, il papà di Christian. A Torino, invece, andarono Capello, Spinosi e Landini. La reazione dei tifosi della Roma a questo maxi-affare fu furiosa: scoppiò la rivoluzione contro l’allora presidente Alvaro Marchini, colpevole di aver lasciato partire i tre giovani gioielli giallorossi.
Con la Juventus
Come già accaduto alla Roma, Capello alla Juventus trovò una società in una fase di transizione e con un nuovo allenatore, il giovanissimo Armando Picchi che era stato costretto a interrompere bruscamente la sua carriera per un infortunio e che sarebbe morto pochi mesi più tardi per una terribile malattia. L’eredità di Picchi andò a Cestmír Vycpalek, che trascinò la Juve alla finale della Coppa delle Fiere, con Capello che segnò un gol nella gara di andata a Torino contro il Leeds, rivelatasi poi inutile. Poi ci fu la stagione con il record di gol in campionato (9) e del primo scudetto in carriera.L’anno successivo, due finali perse: in Coppa Italia contro il Milan e soprattutto in Coppa dei Campioni contro l’Ajax. Doppia delusione che fu alleviata soltanto dalla vittoria del secondo scudetto arrivata all’ultima giornata grazie alla sconfitta del Milan nella “fatal Verona”. La Juventus cambiò poi guida tecnica, passando da Vycpalek a Carlo Parola e, nel 1975, ecco il tris tricolore, che sarebbe potuto essere poker se la Juventus nel 1976 non avesse perso il testa a testa con il Torino.
Milan e Nazionale
Clamoroso, come lo era stato quello tra Roma e Juventus, fu anche lo scambio con Benetti che portò Capello al Milan. Arrivarono una Coppa Italia nel 1977 e uno scudetto nel 1979, quello della stella, in una stagione costellata da infortuni per Capello, che chiuse la carriera da calciatore nel 1980, anno della retrocessione in Serie B a causa del calcioscommesse. Un ricordo amaro ma mai, a detta dello stesso Capello, pari a quello della partita contro la Polonia al Mondiale del 1974: segnò un gol che diede la vittoria alla Nazionale, ma non bastò. In azzurro ha chiuso con 32 presenze e otto reti: quello che ancora oggi viene ricordato è quello del 14 novembre 1973, che permise all’Italia di vincere per la prima volta a Wembley. Anche grazie a quel gol, Capello si conquistò un posto nella lista per il Mondiale. Nella storia, ci sarebbe entrato da allenatore, qualche anno dopo.