Il Mondiale di Fifantino
Un uomo solo al comando di sé stesso. Gianni Infantino, presidente della Fifa, viaggia a rotta di collo verso l’azzardo più grande. Il Mondiale Fifa per Club, che parte questo weekend negli Usa, è la cifra della sua concezione del potere, ma anche di un senso di responsabilità che volge presto verso l’irresponsabilità. Termine che va inteso in un’accezione ben precisa, comprensibile facendo riferimento alla sua versione in lingua inglese: unaccountable. Si tratta della condizione in cui un soggetto non è chiamato a rispondere delle azioni che compie, dunque non è accountable (rendicontabile). In questo senso, il caso di Gianni Infantino è quanto mai peculiare: se mai dovesse combinarla grossa, rischierebbe tuttalpiù di dover rispondere a Infantino Gianni. Si metterebbe allo specchio e si assolverebbe, magari dopo un minuto e mezzo di predicozzo.
Perché questo è diventata la Fifa, a partire dall’elezione dell’avvocato italo-svizzero nel 2016: un’ex organizzazione ombrello trasformata nella vasta burocrazia di un potere personale, esercitato per la massima gloria di sé medesimo. Fifantino. Di questo modo di intendere l’esercizio del potere da capo del calcio mondiale, la Fifa Club World Cup 2025 è la massima espressione. Un torneo esagerato, piazzato in coda alla stagione agonistica europea (con esplicito scorno all’Uefa, ormai nemica giurata), un anno prima del mondiale extralarge del 2026, ciò che comporterà per molti calciatori d’élite il rischio di un massacrante tour de force da qui a luglio del prossimo anno. Per lui non è un problema, figurarsi. Dipendesse dalla sua volontà, avrebbe già fissato una cadenza biennale per i Mondiali delle nazionali (e già, perché a questo punto bisogna pure distinguere e specificare). Cosa volete che sia un mega-torneo per club, che tanto sa di Superlega ma organizzata dall’istituzione, piazzato in un anno dispari?
Lui può tutto e si giustifica usando l’argomento del denaro. Un fiume di denaro, da distribuire come montepremi. La cifra è 1 miliardo di dollari. Che poi è quasi un totem, per mister Fifantino. Ha sventolato un’altra miliardata parlando dei possibili ricavi del prossimo mondiale femminile (per nazionali, va da sé), fissato per il 2027 in Brasile. Ormai l’uomo è fatto così: le spara grosse e su cifre tonde, come se fosse un Matteo Renzi qualsiasi. Tanto spera che poi qualcuno arrivi a pagare il conto. Gli sponsor, almeno finché i generosi amici sauditi manterranno l’attenzione sul calcio come volano della loro politica di egemonia culturale globale. O i broadcaster come Dazn, che della manifestazione statunitense ha comprato i diritti televisivi per una cifra sconsiderata: 1 miliardo di dollari.
Guarda un po’, giusto la cifra del montepremi. Che altrimenti chissà da dove avrebbe dovuto essere ricavata. Per il momento il problema non si pone, dunque mister Fifantino può continuare indisturbato a fare come se fosse Mangiafuoco: il padrone della scena, dello spettacolo intero, e pure degli attori, trattati come se fossero burattini di legno. Su questo piano, l’azione di Infantino ha oltrepassato il limite della sconsideratezza. Ha voluto Messi nel torneo a tutti i costi e perciò ha trovato il modo di far ammettere l’Inter Miami nella competizione. Ha annunciato la presenza di Cristiano Ronaldo, sollecitando a ingaggiarlo qualcuna delle squadre partecipanti, col solo effetto di provocare l’irritazione del fuoriclasse portoghese.
Ma intanto, fuori dagli effetti-glitter, si preannuncia la dura realtà: fino a due giorni fa, per la partita inaugurale da giocarsi nell’Hard Rock Stadium di Miami fra la locale Inter e gli egiziani dell’Al Ahly, erano stati venduti soltanto 20mila biglietti su 65mila. Il rischio degli spalti vuoti è terrorizzante. Per questo sono state avviate promozioni spericolate: comprando un biglietto da 20 dollari se ne ha 4 in omaggio. Praticamente, 4 dollari ciascuno. Fifantino distribuisce premi da emiro ma vende come se fosse un robivecchi.
