Mondiale e infermerie piene, una tassa inevitabile

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Mondiale e infermerie piene, una tassa inevitabile© ANSA
Roberto Perrone
4 min

Siamo entrati nel mese del Mondiale 2022, me ne accorgo dalle infermerie piene, dalle strategie sbagliate, dalle tattiche evaporate, dai problemi che una competizione come la Coppa del Mondo regala sempre, ma, sistemata tra novembre e dicembre, l’effetto è raddoppiato nell’impatto sulle squadre di club e sui giocatori. Un Mondiale in questo periodo è una novità assoluta e porta con sé anche nuove tematiche nella gestione degli infortuni, nella cautela dei giocatori all’avvicinarsi della manifestazione. Esistevano già con il Mondiale a giugno, figuriamoci con il Mondiale tra novembre e dicembre.

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Dopo quello estivo ci sono almeno un paio di mesi di tempo prima della ripresa delle ostilità, qui, dopo una breve sosta, si riprenderà a correre. Senza arrivare a pensar male, è umano che in vista di un evento così emerga lo spirito di conservazione. Però, questo può far commettere errori di valutazione clamorosi come quello di Paul Pogba che, dopo l’ultimo acciacco muscolare, collegato al problema al ginocchio, non andrà in Qatar. Il “polpo” non si è voluto operare proprio per non mancare la chiamata dei Bleus che, ora, invece lo lasceranno a casa. Alla Juventus c’è anche il caso Angel Di Maria per cui l’avverbio acconcio è “parzialmente”: ieri era parzialmente in gruppo. E (molto) parzialmente si è visto finora. 

La Juventus, per struttura e presenza mediatica, è la più esposta ad essere investita da polemiche e discussioni. Ma in questo caso ha fallito completamente: Pogba e Di Maria, nei programmi, dovevano essere i “bronzi” su cui Max Allegri avrebbe dovuto costruire la riscossa e invece non sono pervenuti. Se ci aggiungiamo il caso di Dusan Vlahovic, per cui si parla di pubalgia, il quadro è completamente nero (il bianco è sparito). Ma non è che le altre non abbiamo guai simili. Romelu Lukaku, il trascinatore di ritorno, l’Inter non l’ha quasi mai visto, avanti e indietro da una serie di acciacchi. E che dire di Paulo Dybala, sprazzi d’infinito regalati alla Roma alternati alla sua fragilità fisica. Anche per lui il Mondiale è a rischio.  

Ogni squadra ha il suo piccolo-grande problema, i dubbi e le perplessità che si porta questa avventura tra le sabbie. Il ct dell’Argentina Lionel Scaloni aveva chiesto di non far giocare i suoi campioni nell’ultima gara prima della sosta. Ribellione. Nei giorni scorsi ha chiarito, comunque, che i calciatori non devono aver paura di andare in campo e devono pensare a divertirsi. Sembra facile.  

Chi non si diverte sono i club perché, fino a questo punto, abbiamo analizzato il “prima”. Ma c’è anche i “dopo”. In che condizioni torneranno i giocatori dal Mondiale tra le sabbie del Golfo? Un’altra grande incognita. Lo scopriremo solo vivendo.  

La morale? Sarebbe stato meglio investire sugli italiani o su chi guarderà il Mondiale alla tv. Come il Napoli che ha preso il miglior centravanti italiano, Giacomo Raspadori e il fenomeno Khvicha Kvaratskhelia, georgiano. Una provocazione, lo ammettiamo. Ma fino a un certo punto. Gli italiani, in questo periodo, comunque stanno tutti benissimo. 


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