Inzaghi-Venuti quando la fortuna diventa decisiva

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Inzaghi-Venuti quando la fortuna diventa decisiva© Inter via Getty Images
Alberto Dalla Palma
4 min

La fortuna nel calcio, come nella vita, può essere un fattore decisivo e Simone Inzaghi ieri sera al Franchi ne ha avuta tanta, a pochi attimi dalla fine, quando Venuti (lui sì, invece, tormentato sempre dalla malasorte) ha spazzato un pallone sulle gambe di Mkhitaryan provocando il 4-3 dell’Inter quando oramai la partita sembrava finita. E chissà per quanto tempo avremmo discusso sulla sostituzione di Lautaro con Bellanova quando il tecnico nerazzurro ha deciso che era arrivato il momento di difendere la vittoria per 3-2: l’Inter, senza il suo uomo decisivo, aveva smesso di giocare e si era confusamente sparpagliata sul campo trascinando la Fiorentina nella propria area, dove Jovic ha tirato fuori uno dei colpi che lo avevano reso popolare oltre che un attaccante strapagato dal Real. Il 3-3 dei viola, meritatissimo, avrebbe fermato la clamorosa rincorsa dell’Inter alla zona di vertice, riaperta proprio dalla sfortunata e maldestra giocata di Venuti, che avrebbe dovuto opporsi al pallone messo da Barella con il sinistro (rinvio in tribuna Centrale) piuttosto che con il destro (rinvio verso la Maratona senza vedere l’avversario in pressione): può capitare, è chiaro, ma l’episodio può tranquillamente essere considerato un colpo di fortuna di Inzaghi, al quale non erano bastati tre gol per vincere. Una sfida che ci ha detto tutto e il contrario di tutto su Inter e Fiorentina. La prima micidiale in avvio, con l’uno-due di Barella (tre gol consecutivi) e Lautaro, la seconda trasformata nella ripresa e finalmente più attenta e precisa nell’area di rigore avversaria, dove aveva sbagliato davvero troppe occasioni. Proprio come contro la Lazio, quando era caduta sotto un pesante 0-4: sembrava che gli uomini di Italiano fossero impossibilitati a segnare quella notte come ieri sera, prima della sveglia suonata da Cabral su rigore ma, soprattutto, dopo la prodezza di Ikoné, sorprendente nella sua giocata e pure nella sua conclusione imparabile. Di contro, l’Inter stava cedendo proprio con la difesa, che si era riassestata dopo il lancio di Acerbi come titolare, a volte al posto di De Vrij e a volte al posto di Bastoni. E quanto Inzaghi punti sull’ex laziale lo si è capito proprio al Franchi: seppure ammonito quasi subito, non è stato sostituito nemmeno nel corso del secondo tempo e l’impressione è che Acerbi proprio davanti a Ikoné sia stato più attento a evitare lo scontro da seconda ammonizione piuttosto che a contrastare l’avversario. Abbiamo detto che avremmo discusso chissà per quanto sul cambio Lautaro-Bellanova, letale per l’Inter anche dal punto di vista tattico e mentale, ma a lungo invece ci interrogheremo sulla direzione di gara di Valeri, al quale viene contestata la mancata espulsione di Dimarco per gioco violento (tacchetti piantati in pieno sul ginocchio destro di Bonaventura e rigore per la Fiorentina) e anche il contatto tra Dzeko e Milenkovic nell’ultima azione che ha provocato il 4-3 per i nerazzurri. Sul secondo episodio, ragionando all’inglese, si può anche sfumare la gravità ma sul primo è difficile assolvere il direttore di gara che a Dimarco non ha mostrato nemmeno il giallo. E alla fine di questa partita parapiglia, oltre alla rabbia viola, ci resta comunque un’Inter in piena corsa scudetto e, soprattutto, a un passo dagli ottavi di Champions nel girone di Bayern e Barcellona se non fallirà il match point contro il Viktoria. Non male, in attesa di Lukaku.


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