Chi fa girare i soldi deve contare di più. È questa la filosofia che ha condotto le componenti alla resa dei conti di oggi, in programma all’Hilton di Fiumicino: il calcio italiano si raduna per l’assemblea straordinaria, appuntamento dal quale rischia di uscire ancora più spaccato. L’impulso alla riforma lo ha dato un emendamento a firma del vicepresidente della Camera, Giorgio Mulé, che si è posto l’obiettivo di far crescere il valore della Serie A all’interno del mondo federale; mesi di dialoghi hanno portato però al solito braccio di ferro tra Figc e Lega. Concreta la prospettiva di una causa, dato che la Serie A ha la carta del ricorso nel taschino; è un reclamo, tutt’altro che condiviso unanimamente dai club, sul regolamento stesso dell’assemblea: per gli oppositori - guidati da Lazio e Napoli - l’assemblea si sarebbe dovuta svolgere infatti già con le percentuali di rappresentanza riviste. Pesi che invece proprio oggi saranno votati.
Figc, scontro con la Serie A
Dovrebbe spuntarla Gravina, reduce da giorni non facili per l’inchiesta nata dal caso dossieraggio, che gode di un’ampia maggioranza e potrebbe persino farla pesare in una eventuale ricandidatura. Il modo che il presidente ha trovato per far conciliare le pressioni politiche, la legge Melandri che impone un 30% di rappresentanza diviso tra calciatori e allenatori, e l’esigenza di non toccare i Dilettanti (34%), è il seguente: la Serie A cresce dal 12% al 18%, e da 3 a 4 consiglieri, la B dal 5% al 6%, e da 1 a 2, mentre la Lega Pro scende dal 17% al 12%, perdendo una poltrona, con gli arbitri che escono dal consiglio. La Figc mette sul piatto anche l’autonomia per tutte le leghe e un diritto di veto dedicato alla A per le questioni che la riguardano. Nonostante Inter, Juve, Bologna, Atalanta e altri abbiano invitato il presidente di Lega, Casini, a evitare lo scontro, è arrivata una contro-proposta dal tenore opposto: la massima serie vuole 6 consiglieri (togliendone 2 alla LND e 1 alla C) e il 30%, ma anche un’intesa più forte del veto incrociato (serve un «ok» reciproco per toccare le norme) proposto da Gravina. L’ordine del giorno agevola la Figc. I delegati voteranno prima la proposta del presidente: se dovesse passare, fine dei giochi. «Saranno il Parlamento e i tribunali a dare seguito alla legge», ha tuonato ieri Mulé. È lo stesso scenario paventato nei giorni scorsi da Lotito.