Daniel Fonseca: "Conte e Ranieri due amici. Ho rischiato la morte due settimane fa"

L'uruguaiano, doppio ex azzurro e giallorosso, si racconta in esclusiva in vista della sfida: "Conosco i due allenatori: Antonio è un killer, Claudio un mio padre calcistico"
Daniel Fonseca: "Conte e Ranieri due amici. Ho rischiato la morte due settimane fa"
Fabio Mandarini
8 min
Dopo che parli e ridi con lui in una mezzoretta di ricordi, sentimenti, Ranieri e Conte, Napoli e Roma, i cinque gol al Valencia, Totti, il lavoro di agente e intermediario, i figli Nicolas e Matias con la Celeste e una raffica di battute in un italiano praticamente perfetto sparato con la stessa velocità del suo sinistro straordinario, Daniel Fonseca ti infila in contropiede da grande attaccante. E racconta di averci quasi rimesso la pelle: «Quindici giorni fa. Ho rischiato di morire per una peritonite, sono arrivato a tanto così. Sono stato malissimo. Ma è andata bene. Solo che mi tocca un mese di riposo a Montevideo, a casa. Che noia». E torna a ridere. E a parlare di calcio. Il Tigre non lo fermi: «Mai. Neanche a 50 anni». Per la precisione 55, due dei quali trascorsi a Napoli e tre a Roma, alla Roma. Più o meno quattro con Claudio Ranieri e altrettanti con Antonio Conte. Troppe cose in ballo. «Si gioca domenica, eh?».   
 
Sissignore. La vedrà?  
«Guardo sempre le partite del campionato italiano. Del Napoli del mio amico Antonio».  
 
Sì, Conte. Avete condiviso la Juve dal 1997 al 2001.  
«Lui correva e io facevo gol... Il capitano! L’ho sentito pochi mesi fa: è un killer, finché non vince non molla. E se perde è insopportabile, non ti dice neanche buongiorno».  
 
Gli è rimasta la stessa voglia di vincere anche da allenatore.  
«È un predestinato. Uno dei migliori del mondo. È il Comandante».  
 
E invece Claudio Ranieri chi è?  
«Il mio padre calcistico: da lui ho imparato molto e con lui sono maturato molto. È stato fondamentale per me e i miei approcci con il calcio italiano. È stato anche molto paziente».  
 
Quando parla di Ranieri c’è sempre l’aggettivo: “Molto”.  
«Eh, il mister... Mi ha voluto al Cagliari a 21 anni, ha creduto in me e ha avuto tanta, tanta pazienza».  
 
Era tremendo? 
«No, macché: i primi sei mesi sbagliavo tutto, non riuscivo a tirare neanche in porta... A Cagliari ci è andata bene». 
 
Dal 1990 al 1992: 50 partite e 17 gol.  
«Sì, e poi mi portò al Napoli. Ricordo che prima di firmare mi chiamava e mi diceva: “Sono tuo padre, non dimenticarlo, non mi tradire, non andare alla Juve o all’Inter”. Peccato non aver avuto continuità, dopo due anni dovettero vendermi».  
 
Ne ha fatte di cose con la maglia azzurra: 31 gol in 58 presenze. E il record di 5 reti in una sola notte di Coppa Uefa: 5-1 al Valencia. Al Mestalla.  
«Non era facile farne cinque in Europa, quando i portieri potevano usare le mani e i difensori ti menavano per ottanta minuti senza prendere un cartellino. Era il 1992. C’era Ranieri».  
 
Due settimane fa, invece, ha vinto da solo. Cosa le è successo? 
«Una giornata intera di dolori, senza capire da cosa dipendessero. Poi alle 5 del mattino mi comincia a fare male l’appendice, pareva che esplodesse e alle 7 sono andato in ospedale. Dopo poco ero in sala operatoria, appena in tempo. Appendicite e peritonite. Un casino: un’ora e 40 di intervento, in genere dura una ventina di minuti. Sembra una stupidaggine ma ho rischiato di morire. Grazie a Dio ero in Uruguay, con i miei medici, ed è andato tutto bene. Sono felice».  
 
Lo siamo tutti. Lo saranno anche Conte e Ranieri. E i tifosi di Napoli e Roma.  
«Sono due squadre che ho amato molto. Forse le cose sono andate meglio con il Napoli, ma anche alla Roma è stata un’esperienza straordinaria».  
 
Dal 1994 al 1997, 65 partite e 20 gol.   
«Fantastico Carletto Mazzone. Il mio amico Totti... Poi è arrivato Carlos Bianchi e sono andato via». 
 
E se Totti tornasse a giocare sul serio? 
«Il Pupone è capace di tutto. Io, però, non penso che sia opportuno, può fare cose più interessanti».  
 
Dicono che i suoi figli Nicolas, centrocampista, e Matias, attaccante, sono sui taccuini di mezza Europa.  
«Vediamo, vediamo cosa succederà. Nicolas è al River e in nazionale con Bielsa in pianta stabile. Matias, uno stile Lautaro, ci è arrivato da poco. Ora è ai Wanderers. Nessuno dei due tira di sinistro come papà». 
 
Il Tigre è unico. Ranieri com’è, invece? 
«Sinonimo di certezza. Non lo sento da qualche anno, ma sono felice per lui: merita la Roma per la carriera e anche perché è romano e malato giallorosso. La sua caratteristica è dare certezze, equilibrio a tutti: squadra, ambiente e società. Lo chiamerò presto».  
 
Conte può vincere lo scudetto anche con il Napoli? 
«Certo. Con Antonio in panchina può succedere di tutto».  
 
E con Dybala e Kvara in campo? 
«Sono due artisti. I fuoriclasse possono decidere e risolvere. Mi spiace che Paulo sia stato perseguitato dagli infortuni: chi ama il calcio non se lo gode con la giusta continuità».  
 
Attaccanti: Lukaku o Dovbyk? 
«Eh, veramente forti. Sarà una bellissima partita, tutti hanno bisogno di vincere: il Napoli per il primo posto, la Roma per ritrovare sicurezze e pace».  

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