
Non tutti hanno la pasta del capitano, il che non significa che qualcuno usi altri dentifrici: vuol dire essenzialmente che pochi giocatori hanno carisma, personalità, equilibrio per diventare leader, trascinatori, motivatori di uno spogliatoio. La storia è piena zeppa di personaggi leggendari che hanno segnato intere epoche di tante squadre, capitano mio capitano è il mantra tornato buono soprattutto nei momenti più difficili, quando tira vento e servono condottieri coi nervi saldi per andare avanti. Bei discorsi, ma ultimamente cominciano ad essere più maledizioni che celebrazioni. Diventare capitano, da prestigiosa investitura che era, sta rivalendosi una sentenza. Futuro segnato, destino infame. Stiamo entrando nella zona dell’atavico promoveatur ut amoveatur, traduzione sia promosso affinchè sia rimosso (e con questa spero che la mia gloriosa prof di latino si tenga la matita rossa nella fondina). L’ultimo, Calabria, fino all’altro ieri bandierina (parlo di dimensioni) del Milan, nel giro di pochissimo esautorato con tanto di rissa in campo a Parma e a seguire trattativa lampo – o quasi - col Bologna.
E prima. Come dimenticare Pellegrini, che soltanto il paternalismo umanitario di Ranieri ha recuperato dalle lapidazioni sadiche del tifo romanista, capitano idolatrato poi brutalmente degradato a soldato disertore, in un tripudio di piazzate popolari. Dall’enfasi al siluro è un attimo. Emerge la figura del capitano depotenziato. Sempre per restare nell’attualità, Danilo: la Juve l’ha celebrato come esempio e modello per diverse stagioni, un bel giorno se l’è persino scordato giù dall’aereo che portava la squadra a giocarsi la Supercoppa nei deserti mediorientali. Non che sia la moda del momento, non che riguardi solo capitani di medio livello: da uno a dieci, anche capitani di livello dieci del passato, Del Piero e De Rossi ad esempio, presto o tardi dono girati da capitani coraggiosi a capitani scoraggiati, gentilmente accompagnati alla porta. Poi c’è Schettino, di tanti capitani l’unico a buttare a mare i gradi facendo tutto da solo, ma quella è decisamente un’altra storia. Dall’aria che tira, potrebbe diventare meno facile trovare nuovi capitani. Una volta celebravano l’investitura con frasi adeguate, per me un onore, cercherò di essere all’altezza del ruolo. Capaci che adesso, quando il mister chiede chi sarà il capitano, tutti indichino di scatto il vicino, lui! C’è questa casistica parecchio sinistra, c’è questa nuova abitudine che trasforma la fascia al braccio in una lettera scarlatta. Cambiano gli umori, cambiano gli amori, il capitano capitola. Forse è il caso di tutelarsi, di pensare a nuove figure, tipo il capitano a rotazione, o il capitano a sorteggio, o il capitano a ore. Questa però un po’ più rischiosa: sono sempre ore contate.