
A un certo punto, quasi in fondo a questa sfida, Inzaghi si sarà messo a pregare: tre sconfitte su tre derby e la minaccia piuttosto concreta di giocarne altri quattro, due di Coppa Italia e due di Champions. Sarebbe stata la fine. E invece l’Inter, al massimo del suo sforzo e della sua jella (tre pali e tre gol annullati) ha ripreso il Milan in pieno recupero. Decisamente più giusto così, i meriti dei campioni d’Italia sono apparsi evidenti, ma di sicuro Conceiçao ha dato una mano ai rivali con i cambi, tutti difensivi, per chiudere con una linea di sei difensori, una barricata che l’Inter ha sfondato solo alla fine.
Milan-Inter, un derby olandese
È stato un derby olandese, primo gol di Reijnders, pareggio di De Vrij, un derby che è diventato tale solo dopo il vantaggio dei rossoneri. Prima le due squadre avevano cominciato temendosi e per mezz’ora sono andate avanti così, nel massimo (diciamo pure eccessivo) rispetto l’una dell’altra. Lente, monotone, dal ritmo compassato, frenate dal timore di prendere un gol che avrebbe orientato il derby o perfino deciderlo. Poi, per fortuna, si sono sciolte e hanno iniziato a giocare, quanto meno a battersi. Lautaro di qua, Leao (più Reijnders...) di là, quando si sono finalmente accesi è cominciato il derby vero. Due conclusioni pericolose e un gol annullato (per fuorigioco di Barella) per l’argentino, un paio di attacchi in contropiede, compreso quello del gol, per il portoghese.
L'arma micidiale del Milan
L’arma micidiale del Milan non era nel suo attacco, ma nel solito rimorchio di Reijnders. Prima dell’1-0, era stata sua la conclusione più pericolosa. Sul gol era arrivato con l’inserimento giusto e si è fatto trovare nel posto giusto, al momento giusto e col piede giusto. Reijnders è il giocatore che un tempo avremmo definito un numero 8, un centrocampista che possiede doti di ogni tipo, atletiche, tecniche, tattiche, copre, riparte e spesso arriva a fari spenti in area avversaria, come è capitato anche stavolta, per il suo settimo gol in campionato, l’undicesimo coppe comprese.
Assedio Inter nella ripresa
Conceiçao aveva preparato la partita che il Milan stava giocando, difesa e contropiede. Aveva lasciato la palla all’Inter (62 per cento di possesso nerazzurro è un dato che in un derby fa un certo effetto) per attaccarla alle spalle e per tutto il primo tempo la strategia aveva funzionato. Nella ripresa, però, sono iniziati i problemi. Prima nel gioco aereo, di testa la supremazia di Bisseck, De Vrij, Dumfries e Thuram è sembrata perfino eccessiva, poi nella pressione che l’Inter ha esercitato senza pausa aumentando i giri minuto dopo minuto. A quel punto serviva un po’ di coraggio, invece Conceiçao ha tolto due attaccanti, Pulisic e Leao, per mettere Gabbia, oltre Chukwueze. Alla fine mancavano 10 minuti, recupero compreso, e più che al Milan il messaggio del tecnico portoghese è arrivato forte e chiaro all’Inter: attacchiamoli, perché loro non usciranno più da là dietro. È vero che non aveva molte alternative, ma la rinuncia di Conceiçao a ripartire è apparsa evidente, al di là di una isolata iniziativa di Camarda.
Pari nerazzurro in extremis
È così che l’Inter ha agguantato il pareggio, è una squadra tosta, che sa quello che vuole. Ha fatto valere il suo fisico, la sua potenza atletica, la sua maggiore energia e freschezza: la battaglia con sconfitta di Zagabria (con un uomo in meno) ha lasciato il segno sul Milan rispetto alla “passeggiata” (con un uomo in più) dell’Inter sul Monaco. Anche per questo Conceiçao senior può essere contento del punto strappato al suo ex compagno Simone.