
Vincenzo Italiano è modesto, troppo, e dopo qualche critica - che non rinnego - voglio mettergli un sorriso grande così - avessi un’emoji! - su quel viso di bravo ragazzo soddisfatto dall’esito dell’appuntamento. L’aspettava il Monza, è vero, ultimissimo, ma è proprio con gli ultimi che il Bologna prendeva le fregature. Si presenta in tv, don Vincenzo, e comincia citando un record. Cu fu? Non mi risultano eventi clamorosi. E invece. Il Bologna dice 33 straordinari punti in 20 partite, un punto in più di quelli realizzati da Motta nello stesso momento del campionato. È vero che i rossoblù si sono allontanati per tanto tempo dalla storia ma gridare al record per questo mi sembra eccessivo. Anzi, io Motta neanche lo citerei perché oggi l’impresa vera è tutta di Italiano: il Bologna è andato in Champions, dindondan, lo hanno smontato - via Calafiori, via Zirkzee - eppure non ha mai giocato tanto bene. Peccato l’Europa. Martedì arriva il Borussia Dortmund e c’è il rischio di ricadere nel de profundis. O di ricordare con rabbia quell’approccio da diseredati al tavolo dei campioni. Potesse presentarsi adesso, al défilé d’Europa, sarebbe un impeccabile Bologna d’Armani.
Forse esagero ma era da un bel po’ che non lo vedevo così, lo Squadrone. Disinvolto, anche un po’ matto. Al Teatro Dall’Ara - per l’occasione Arena del Sole - è andato in scena anche l’avanspettacolo: un gol bellissimo di Daniel Maldini, ammirato, applaudito coinvolgendo anche papà e nonno (e rinnovando l’attenzione al contropiede dei rivali); poi il Bologna ha cominciato a giocare, armonioso, largo e slanciato, da destra a sinistra, da sottinsú, a fisarmonica, manovra felicemente memorizzata.
Il gol di Castro, al 22’, rivela l’assist e l’esistenza di Orsolini, l’unico italiano di Italiano insieme a Ravaglia. Che bei vent’anni! Me lo vedevo, giorni fa, Santiago, con il gemello Dominguez, un ritorno al calcio felice che portano scritto in faccia, sembrano due lupacchiotti a caccia di prede. Ed ecco il raddoppio, al 34’, con Dominguez che imbecca Odgaard e il danese firma un gol che fa pensare a “Dondolo”. Solo pensare. Non esageriamo.
Cosa manca? Niente, è vittoria. Eppure. C’è un altro che non ci sta - insieme a me - a vedere un Bologna tutto straniero. Ed eccolo, Orsolini, esibirsi al 69’ in un gol bellissimo che conferma la sua amorosa fedeltà alla maglia ma soprattutto l’ammirevole coralità del gioco: stavolta l’assist è di Lykogiannis, El Greco ha occhio e piede di classe. L’Orso si fa aquila, apre le ali e vola verso il popolo felice. Inquadrato tutto solo e imperscrutabile, Giovanni Sartori si gode la scena. Cosa faccio? Resto? Massì. Questo è finalmente calcio, semplice come nasce, senza assurdi tatticismi, senza pretese, gioco di scuola antica. Italiano in tutti i sensi.