Pepito Rossi: "Con quei tre gol alla Juve difesi Firenze"

20 ottobre 2013: dieci anni fa lo strepitoso 4-2 in rimonta contro i bianconeri. Un trionfo   legato a un giocatore: "La gara più emozionante della mia carriera"
Pepito Rossi: "Con quei tre gol alla Juve difesi Firenze"
Andrea Giannattasio
5 min

Di diritto nell’Olimpo della storia viola in appena quindici minuti. Forse, durante l’intervallo di quella sfida giocata dieci anni fa esatti, non ci credeva nemmeno Giuseppe Rossi, ignaro che di lì a poco avrebbe per sempre scolpito il suo nome all’interno dell’epopea della Fiorentina. È il 20 ottobre 2013, i viola affrontano la Juventus al Franchi: da 0-2 al 4-2 finale, con una formidabile tripletta di Pepito in una manciata di minuti. Una rimonta pazzesca dopo un passivo che avrebbe tramortito chiunque e un delirio che, in un pomeriggio di fine ottobre, fece tremare tutto il Franchi: «La prima immagine che mi viene in mente quando ripenso a quella partita sono le lacrime di gioia dei 40mila che erano allo stadio. In quel momento ho capito davvero che cosa volesse dire per Firenze battere i bianconeri» racconta Rossi, protagonista assieme a Joaquin della vittoria della Fiorentina più emozionate degli ultimi tre decenni.

Dica la verità, Rossi: quante volte ha ripercorso nella sua testa quel successo?

«Ogni anno, in questo esatto giorno. È impossibile non farlo. Pensi che ancora oggi mi esplode il telefono per la quantità di messaggi di ringraziamento che ricevo dai tifosi. Non esagero, sono migliaia. Ed è per me un orgoglio, a distanza di tanto tempo, poter vantare un rapporto così bello con una piazza che mi ha dato molto, se pur per poco tempo».

In un’ideale classifica delle gare più belle giocate, dove si posiziona quel 4-2?

«A livello di emozioni al primo posto, non c’è dubbio. Quel giorno non solo feci impazzire un’intera città ma realizzai la mia prima tripletta in carriera. Immaginatevi cosa volesse dire farla proprio alla Juve. La squadra di Conte, una corazzata: fu qualcosa di incredibile».

Quanto influì nella rimonta l’esultanza di Tevez e Pogba che imitarono la “smitragliata” di Batistuta?

«Quel gesto ci diede fastidio. Sembrava proprio una presa in giro, anzi lo era. Tra il primo e il secondo tempo Montella usò poche parole negli spogliatoi ma per noi fu sufficiente ripensare a quell’atteggiamento per tornare in campo più grintosi che mai. Era stata sbeffeggiata tutta Firenze e questo non potevamo accettarlo».

Nella Viola di oggi rivede somiglianze con la sua Fiorentina?

«Il bel gioco, che era il nostro forte. Nella squadra di Italiano non c’è elemento che sia messo in campo a caso ma tutti sono “mentalizzati” nello svolgere un compito ben preciso. Si percepisce quella stessa sintonia che era il marchio di fabbrica della squadra di Montella. E poi la forza del gruppo: dieci anni fa il nostro era uno spogliatoio compatto, che remava verso un solo obiettivo. Vedo tra i ragazzi di Italiano la stessa intesa. Entrambi sono allenatori mossi dal desiderio di trasmettere alle proprie squadre una forte identità. E vedo in questo senso molto avanti il lavoro di Italiano: è grazie a lui se la Fiorentina sta giocando il miglior calcio della Serie A da tre anni. Le due finali, purtroppo perse, della scorsa stagione non sono un caso: quando sei convinto dei tuoi mezzi, riesci sempre ad andare oltre i limiti. “Dobbiamo” riuscire a rimanere su questa strada. Sì, parlo ancora in prima persona perché la maglia viola la sento ancora mia» .

I tifosi sperano che tra qualche anno a dirlo sia Gonzalez. Si rivede un po’ in lui?

«Non proprio nel ruolo, visto che io giocavo più da punta, ma nei panni del leader carismatico assolutamente sì. Nico è un giocatore sopraffino, un elemento che rompe gli equilibri quando meno te lo aspetti e che rappresenta per la squadra l’ancora di salvezza nei momenti di difficoltà. Sono felice di vedere un giocatore così importante che ha scelto di legarsi a Firenze per tanto tempo».

E invece della seconda giovinezza di Bonaventura che si sente di dire?

«Jack è un giocatore che mi è sempre piaciuto e, in un certo senso, posso ritenermi un suo tifoso. Forse è per questo che mi sorprende tutto questo clamore attorno a lui: da quando lo seguo, non gli ho mai visto sbagliare una partita. Ha sempre fatto bene ovunque sia stato e il ritorno in Nazionale è un premio giusto alla sua costanza».

Pensa che la Fiorentina possa ottenere quella qualificazione in Champions che nei suoi anni a Firenze è sempre sfumata per un soffio?

«Che rabbia se ci ripenso. Quando c’ero io il quarto posto valeva solo l’accesso all’Europa League e noi, con Montella, lo centrammo addirittura tre volte di fila. Ecco perché spero con tutto me stesso che questa squadra possa tornare a giocare quel torneo. Sono sincero, vedo la Fiorentina molto bene quest’anno, penso che ce la possa fare. Ma dovrà continuare a giocare partita dopo partita sempre con i piedi per terra».

E lei Rossi, dopo quei 45’ da brividi di dieci anni fa, ha già deciso quale sarà il suo secondo tempo ora che ha smesso di giocare?

«Penso di aver preso una decisione giusta ma non nascondo che ho già una voglia matta di... tornare in campo. Ma era arrivato il momento di dire basta. Adesso insegno calcio ai più giovani e, per adesso, mi diverto così. Vedremo se in futuro il mondo del pallone riuscirà a regalarmi altri momenti di gioia. Magari come quelli del 20 ottobre 2013».


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