
«Pietro è il solito soldato. Si allena sempre a mille all’ora, è sereno, tranquillo e quando viene chiamato in causa risponde sempre con prestazioni ottime». Pietro è Comuzzo e per lui garantisce Palladino, casomai ce ne fosse bisogno. Parole del tecnico di giovedì passato presentando la sfida col Milan, in cui però dentro c’è stato anche il centrale friulano e diventano d’attualità adesso che avrà un’altra occasione per dare ragione al proprio allenatore: fuori Pablo Marí dalla lista Uefa, in Conference League tocca di nuovo a Comuzzo.
Comuzzo, la rivelazione della Fiorentina
Adesso è così e per adesso s’intende da febbraio ad oggi in un 2025 ben diverso dal 2024, da quando cioè i primi quattro mesi da protagonista assoluto hanno lasciato il posto a tre mesi spesso lontano da quelle luci che l’avevano portato alla ribalta fino ad attirare la curiosità del Napoli, per ricordare una storia nota. E tanto per ribadire che la Fiorentina ha detto no al club di De Laurentiis blindando di fatto il suo giovane calciatore dietro a una richiesta economica così alta (40 milioni) da neutralizzare l’offerta del potenziale acquirente salita fino a trenta milioni. E il merito era stato tutto di Comuzzo, grazie a una sfilza di partite da 90’ da far paura, segno tangibile che Palladino e la Fiorentina del soldato non ne potevano mai fare a meno. In campionato, salvo le panchine con Atalanta e Genoa per tirare il fiato, le aveva giocate tutte da titolare: venti giornate dal 17 agosto al 19 gennaio con ben quindici gare dentro senza saltare un minuto. In giro per la Serie A era difficile trovare un calciatore che non ne mancava una, figuriamoci uno di vent’anni (allora ancora da compiere). Eppure, il punto d’arrivo della striscia racconta molto del cambio di orizzonte intorno a Comuzzo.
Mondo capovolto
Di lì a poco si è fatto sotto il Napoli e non per quello Pietro Comuzzo che sembra Pietro Vierchowod è andato in panchina contro Lazio e Genoa, impiegato al subentro sulla fascia destra con la Fiorentina a quei giorni schierata a quattro dietro, poi di nuovo titolare con l'Inter (nel recupero), assente per squalifica tre giorni dopo a San Siro, panchina senza alzarsi col Como al Franchi, ancora titolare al Maradona dopo aver messo insieme nove minuti in precedenza contro il Lecce a Firenze. Saliscendi a cui non era abituato, ma dal Napoli in avanti, tra Juventus, Atalanta e Milan, per Comuzzo ci sono stati appena 36’ complessivamente. Insomma, da fine gennaio-inizio febbraio è come se l’onda mediatica e di attenzione gli avesse sconvolto il suo mondo perfetto, e invece di trovare ulteriore slancio si è come fermato: qualche errore che ci sta e che non sposta d'una virgola il giudizio sulle qualità del classe 2005 (bene ricordare l’età), l’arrivo di Pablo Marí, il cambio di modulo deciso da Palladino con il ritorno al 3-5-2, e quel mondo si è rovesciato del tutto. Pietro non ha fatto una piega, mai una parola o un atteggiamento fuori posto, impegno e dedizione totali alla causa: un giovane-vecchio (altra definizione di Palladino piena di stima) con una maturità e una serietà indiscutibili. Aspettando un’altra occasione in Conference, dopo le due avute chiaramente contro il Panathinaikos: stavolta per provare a prolungarla in campionato.