Eriksen, c'è una speranza. Può tornare in campo se...

Due esperti ci svelano un possibile futuro per il centrocampista danese dell'Inter. Scopri i dettagli
Eriksen:7,5 milioni di euro© Inter via Getty Images
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Il 12 giugno era entrato nel tunnel del fine vita ma è subito stato riportato indietro dai soccorritori. Cuore fermo, occhi spalancati, respiro fermo. Morto. Per pochi attimi, ma morto. Poi il miracolo, non riuscito in tanti altri casi, grazie alla rapidità e alla correttezza dei soccorsi. Una storia che il danese Christian Eriksen, giocatore dell’Inter, potrà raccontare a nipoti e pronipoti. Oggi ha una mini “guardia del corpo”, anzi del cuore, posizionata appena sottopelle. Un soccorritore elettronico automatico che entra in funzione soltanto se si ricrea una situazione simile a quella accaduta in campo a Copenaghen. Il che potrebbe non verifi carsi mai più. Un defi brillatore di ultima generazione, sottocutaneo. Impiantato nella regione toracica laterale sinistra, poco sotto l’ascella sinistra per intenderci, e collegato ad un elettrodo anch’esso sottocutaneo posizionato davanti lo sterno, quindi senza fili che entrano nel cuore. L’apparecchio riconosce e interrompe aritmie ventricolari pericolose, impedendo al cuore di bloccarsi di nuovo. Rispetto alle apparecchiature precedenti, è poco invasivo (va sottopelle), consente anche la pratica di attività sportive e può essere facilmente rimosso nel caso venisse risolta la causa dell’aritmia improvvisa che ha portato i battiti del cuore ad una velocità tale (fi brillazione) da andare in tilt, in blackout. Il defibrillatore disinnesca la fibrillazione e fa ripartire il cuore a ritmi regolari. I portatori di questo defi brillatore possono praticare attività sportiva agonistica senza problemi.

Eriksen, quale è la sua patologia

Ma qual è la causa che senza preavviso e rapidamente ha accelerato senza freni il cuore dell’interista Eriksen fino a fermarlo? Sui media si sono subito rincorse le ipotesi di diagnosi più svariate e citati precedenti di morti improvvise in atleti, di cuori fermatisi senza motivo apparente. Alcuni, aff etti da un difetto genetico (ipotizzabile anche nel caso di Eriksen) come la cardiomiopatia aritmogena congenita. È una patologia relativamente rara dal momento che interessa circa 1 persona su 5.000, non è curabile ma controllabile nelle crisi gravi con il defi brillatore, ha una base genetica e, secondo alcuni studi, l’attività sportiva è responsabile della progressione della malattia ed è associata a un rischio 5 volte maggiore di morte improvvisa. Diagnosticarla prima che si manifesti è diffi cile, se non impossibile. E quando si manifesta è spesso la prima e ultima volta. La differenza la fa il soccorso immediato, effettuato da chiunque prima dell’arrivo dei soccorritori specializzati. Per questo andrebbe addestrata la popolazione, i giovani in particolare, a cosa fare per far sì che una morte improvvisa diventi una resurrezione improvvisa.

Cappato: "Eriksen ha avuto una crisi grave. Le cause? Molte..."

Per Riccardo Cappato, “padre” del defibrillatore interamente sottocutaneo, Direttore del Centro di elettrofisiologia clinica e aritmologia del gruppo Multimedica di Milano: «Nel caso di Eriksen le ipotesi sono svariate. Mancano elementi della sua storia clinica e di quanto appurato dagli specialisti dell’ospedale danese. Non abbiamo nemmeno informazioni sulla defi brillazione in campo. Di certo la crisi cardiogena è stata grave. Un blocco del cuore da fibrillazione conseguente ad aritmia grave, imprevista e improvvisa. Cause possibili? Molte. Una potrebbe essere preesistente mai individuata e stabile, tipo la cardiomiopatia congenita o la sindrome di Brugada, oppure una miocardite infi ammatoria da causa grave (per lo più da virus, come quello del Covid, che non sembra riguardare il cuore ma che poi all’improvviso innesca l’aritmia), o un disturbo elettrolitico. La causa infi ammatoria, se si riesce a diagnosticare, è per esempio una causa reversibile, che potrebbe consentire a Eriksen di arrivare a togliere il defi - brillatore e quindi tornare a giocare a calcio in Italia».

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