
MONACO DI BAVIERA (dall’inviato) - Pallone Toro, giocando sul nome. Lautaro merita il riconoscimento di France Football e forse, se riuscirà a tornare a Monaco di Baviera con l’Inter il 31 maggio, gli consegneranno davvero il Pallone d’Oro. Non è mai stato celebrato come Haaland o Kane, incenerito nel confronto dell’Allianz Arena. Un motivo ci può essere: gioca in Italia, segna tanto ma non conta i gol con il pallottoliere e non fa solo il centravanti, rispetto agli illustri colleghi in campo lavora molto di più, come si sarà reso conto Kompany. Il Toro ha vinto un Mondiale all’ombra di Messi e due volte la Coppa America con l’Argentina di Scaloni. Continua a crescere. Maturità, personalità, completezza. La Champions lo ha incoronato. Fabio Capello, non a caso, nel salotto di Sky Sport gli ha assegnato un 10. Stesso voto del numero di maglia. Già, perché dentro l’astronave del Bayern, il capitano dell’Inter ha incantato, anzi di più: ha tirato fuori una prova spaziale, indirizzando la partita da vero leader. Sarebbe riduttivo parlare del gol, figlio di un gesto tecnico meraviglioso, come l’azione da lui stesso ispirata: carezza d’esterno destro, infilando la palla all’incrocio e cambiando piede in extremis. Così ha anticipato i tempi, guadagnando una frazione di secondo e riducendo i rischi: usando il sinistro, avrebbe avuto meno possibilità di segnare.
Lautaro, un leader indiscusso
Quando si parla di calcio moderno bisognerebbe risalire alla semplicità e agli insegnamenti di Cruijff. L’argentino ha giocato a tutto campo. Centravanti, regista offensivo, difensore quando si trattava di sradicare il pallone dai piedi dei tedeschi. Da capitano ha dato un segnale nei primi minuti, perché l’Inter era entrata in campo senza reattività e ritardava le coperture. Inzaghi, correndo davanti alla panchina, chiamava lo “scorrimento” difensivo. Lautaro, ben tre volte, è rientrato al limite dell’area per recuperare il pallone. Era il più sveglio degli interisti. Sembrava un incontrista, non il centravanti.
Bomber e play offensivo
Un contrasto gli ha permesso di servire Bastoni e poi di correre verso l’area per raccogliere l’assist di Thuram, ma Lautaro è stato decisivo anche in occasione del raddoppio di Frattesi. Verticalizzazione fulminante. Il Toro, ricevendo il passaggio, ha protetto il pallone e orientato la manovra. Finta, contro-movimento e nuovo scarico a sinistra su Barella, rapidissimo a lanciare in profondità Carlos Augusto. Il campo si è aperto e il Bayern è stato infilato. Giocata da visionario. La stessa genialità di Roberto Mancini, un fuoriclasse dell’attacco. Inzaghi usa Lautaro come play offensivo, gli chiede di venire incontro ai centrocampisti e di cucire il gioco. In questo modo riesce a liberare la progressione di Thuram, abituato a partire in posizione più avanzata. Il ruolo di capitano lo ha responsabilizzato in campo, non solo nello spogliatoio. L’evoluzione da numero 10 non gli ha tolto concretezza e prolificità. Viene identificato ancora come centravanti, ma si è completato.
Lautaro insegue il record
Lautaro all’Allianz ha realizzato il settimo gol in 10 partite di Champions, sono 19 in 54 partite sommando sette differenti edizioni del torneo, 22 in Europa: raggiunto Boninsegna, è il secondo nella classifica “all time” dell’Inter dietro ad Altobelli (35 reti). Ora sta facendo tremare il Bayern e ha aggiunto un altro scalpo eccellente dopo le prodezze del passato con Barcellona, Liverpool e Real Madrid. Un rimpianto: non aver segnato al City nella finale di Istanbul. Samuel Eto’o, un segno del destino, arrivò a otto nella stagione del Triplete. C’è tempo per rimediare. Basterebbe tornare a Monaco.