Alcaraz, Lautaro e Ancelotti: l'importanza del Fattore C

Il commento sull’Inter e sulle recenti prestazioni in Champions League
Alcaraz, Lautaro e Ancelotti: l'importanza del Fattore C© Inter via Getty Images
Cristiano Gatti
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Un ragazzotto spagnolo di 18 anni e 333 giorni, ramo tennis, il giorno in cui vinse il primo Master 1000 a Miami così spiegò il suo segreto: «Nei momenti di difficoltà mi ricordo sempre che mio nonno si raccomandava le tre C: cabeza, corazòn y cojones». 

Così giovane e con le idee così chiare, il fenomeno Alcaraz. Tre C che stanno in fondo dentro una sola C, la C di Carattere. Dove vuoi andare nella vita se non hai determinate C. Quanti talenti sprecati, quante luminose carriere sono finiti sui binari morti della vita per il solo fatto di non avere C. 

La teoria vale sempre. Vale per i 18enni ai primi voli fuori dal nido, come Alcaraz, vale in tutte le altre fasce delle nostre diverse età. Vale per i campioni affermati, vale per gli scafati guru che guidano dream team.  
Senza mettersi d’accordo, nell’ultimo giro di pista della Champions, Lautaro e Ancelotti sono tornati all’idea essenziale: il fattore C. Che nel caso specifico non è quello di Sacchi, in un’altra epoca diventato simbolo mitologico, almeno fino a quando non volò via sopra la traversa, ai rigori di una finalissima Mondiale. No, questa è la C di carattere, che però rispetto a quella di Alcaraz non è una e trina, ma ristretta e determinata in una sola C, l’idea primordiale e immutabile dei Cosiddetti. 
Per non scendere troppo di livello eviterò di chiamarli col loro nome, per convenzione li citerò come Gianni e Pinotto. Dopo la memorabile serata contro il Bayern, Lautaro lancia in diretta tv il suo grido di vittoria nel modo più assordante: «Partita epica. La ricorderemo per tanto tempo. L’Inter ha due Gianni e Pinotto così». Dalla Spagna, l’amarezza Real di Ancelotti, per aver mancato il piano della vigilia, espresso allo stesso modo: «Dobbiamo fare una grande partita: con la testa, il cuore e Gianni&Pinotto, come dice Alcaraz». Evidentemente non pervenuti, partita da signorine. Senza contare che certe signorine hanno sotto due Gianni e Pinotto così. 
È fantastico assistere a queste rappresentazioni: uno passa le stagioni a sorbirsi chi te la spiega più astrusa della fisica quantistica, non fanno che illustrarti sistemi di gioco e schemi numerici al massimo livello scientifico, quando vedi una partita sembra di stare seduto con la soggezione del somaro ad Oxford, poi come al gioco dell’oca ci si ritrova sempre da capo alla casella uno: ai Gianni&Pinotto. Chi vince perché li ha, chi perde perché non li ha. E fine della trasmissione. Dimostrazione sublime e perenne di una verità indiscutibile: senza, in nessun campo della vita si va da nessuna parte. L’importante è averli sotto. Troppe volte, ce li ritroviamo davanti. Ma questa è un’altra storia. 


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