Allegri-Juve, il finale più amaro: si va in tribunale

Lo sfogo dopo la Coppa Italia l’esonero, la lettera, la replica e i tentativi di trovare un accordo. Pugno duro del club, ma Max impugnerà
Giorgio Marota
4 min

Una lunga storia d’amore è finita a carte bollate, tra incomprensioni e veleni. Allegri e la Juventus risolveranno la loro controversia in tribunale, davanti a un giudice del lavoro e dunque fuori dalla giurisprudenza sportiva, visto che Max ieri è stato ufficialmente «licenziato per giusta causa» e il tecnico intende impugnare la decisione, chiedendo eventualmente anche i danni d’immagine. È un epilogo triste anche alla luce delle tante dimostrazioni d’affetto nei confronti del tecnico da parte di tifosi e calciatori, e che sembrava poter prendere a un certo punto altri percorsi (meno tortuosi) dopo lo scambio di battute amichevoli tra l’allenatore e l’ad di Exor, John Elkann, durante il Gp di Montecarlo di domenica scorsa. Invece, la Juve ha optato per il pugno duro e ieri è uscita allo scoperto dando seguito a delle riflessioni legali che alla Continassa andavano avanti da oltre due settimane.  

Tensioni Juve-Allegri

Il cortocircuito è avvenuto, come noto, in occasione dello sfogo di Allegri nella notte della Coppa Italia vinta contro l’Atalanta. Quarantotto ore dopo la finale, la società lo aveva allontanato per motivi disciplinari, respingendo in un primo momento - almeno pubblicamente - qualsiasi ipotesi di licenziamento per giusta causa. La Juve ha agito con modalità se vogliamo inedite, eppure proprio per questo “legamente” finalizzate a tenere spalancata la porta su una possibile azione proprio nel caso in cui non si fosse trovato un accordo sulla transazione economica. Allegri e il suo staff hanno infatti un altro anno di contratto: con un semplice esonero il club avrebbe dovuto pagare loro circa 18 milioni lordi (tasse incluse); la Juve spera invece di risparmiare quella cifra. Ma facciamo un passo indietro proprio sui passi compiuti dal club: il 17 maggio, in seguito all’allenamento mattutino, Max è stato convocato alla Continassa dall’amministratore delegato Scanavino. Otto anni di rapporto, 12 trofei (l’ultimo vinto 48 ore prima), 407 panchine con il 67% di successi e una serie di record centrati che legheranno per sempre il suo nome alla storia ultracentenaria della Signora, sono stati liquidati in dieci minuti circa; si è risolto tutto con una lettera consegnata da un legale e in assenza di Cristiano Giuntoli, quasi a voler comunicare che non fosse una decisione tecnica o causata da una diversità di vedute (che pure c’erano), ma che si stesse consumando l’allontanamento di un semplice dipendente reo di aver tenuto un comportamento «contrario ai valori del club», come è stato poi spiegato nel comunicato del congedo. 

Le accuse ad Allegri e le repliche

Come spieghiamo a parte, e nel dettaglio, la Juve ha contestato all’allenatore cinque episodi avvenuti nell’infuocato post partita di Roma: le proteste contro gli arbitri, il danneggiamento di un’attrezzatura fotografica, un diverbio con alcuni addetti alla sicurezza, la lite con il direttore di Tuttosport e le tensioni con Giuntoli. Situazioni che il livornese ha sempre ritenuto fossero figlie della concitazione del momento; a suo dire non è stato mai superato infatti il limite del rispetto per una società che ritiene di aver protetto anche nei momenti più critici (le tempeste giudiziarie sono un esempio, e molti tifosi sono grati a Max per aver tenuto la barra dritta), raggiungendo tra tante difficoltà la Champions, il Mondiale per club, la Supercoppa Italiana e conquistando anche un trofeo. Evidentemente, non è bastato. Così, chiuso l’armadietto e recuperati gli effetti personali, Allegri ha studiato con il proprio avvocato una strategia. Aveva cinque giorni per rispondere e se li è presi tutti, respingendo le accuse in data 22 maggio. Quella replica è stata tenuta in un cassetto e, una volta saltati tutti i tentativi di trovare un accordo di transazione tra le parti (che potrebbero comunque proseguire nei prossimi giorni), è stata utilizzata per far scattare la “giusta causa”. I prossimi passi, con tutta probabilità, saranno in tribunale. È il modo peggiore per lasciarsi. 


© RIPRODUZIONE RISERVATA