Ho letto con interesse l’intervista che Cristiano Giuntoli ha rilasciato a Max Nerozzi e Monica Scozzafava del Corsera. E ho trovato particolarmente significativa la risposta che il direttore dell’area tecnica della Juve ha dato alla domanda sul suo rapporto con Allegri. «Mi dispiace» ha spiegato «di questo non parlo».
Mi sono chiesto perché, giungendo alla conclusione che non abbia voluto svegliare il can che dorme: i pitbull di razza labronica vanno tenuti quasi sedati, altrimenti fanno sfracelli.
Giuntoli è tutt’altro che ingenuo: cresciuto alla scuola media S. Bonacini di Carpi, si è diplomato a pieni voti al Liceo Scientifico De Laurentiis-Chiavelli e adesso frequenta il secondo anno dell’Università della Continassa, una sorta di Bocconi del pallone nella quale è estremamente importante indossare sempre le parole giuste, oltre che abiti di sartoria.
A sorprendermi una volta di più è stato invece Thiago Motta, specie quando ha anticipato la formazione per Genova. In ordine di presentazione, «Mattia, Jonas, Gleison, Pierre, Danilo (non c’erano dubbi sul cognome, nda), Fagio, Wes, Koop, Kenan, Dusan e Nico Gonzalez». Douglas Luiz ha due nomi pertanto è tagliato fuori.
Pare che Nico non l’abbia presa benissimo: ma come, si è chiesto, perché tutti per nome e a me che sono di Belén de Escobar ha aggiunto il cognome? Ci sono altri Nico nella Juve? Gli sto già sulle balle?
Thiago è unico e irripetibile: lui non è alla Juve, è la Juve che è a lui. Dentro il quaderno che porta sempre con sé e esibisce durante le conferenze stampa, anche per segnare le domande e gli autori delle stesse, ci dev’essere un mondo di idee che nasconde scrupolosamente a occhi profani. Si narra che a Bologna lo chiudesse anche quando nel suo ufficio si presentava l’amministratore delegato Fenucci. Che però, per correttezza e rispetto, non conferma.
Motta è senz’altro l’allenatore più stimolante e originale del campionato: ha tutto per diventare un numero 1 della panchina, anche se le sue scelte spiazzano in continuazione perfino chi, dopo un solo anno indimenticabile, lo considera una sorta di guru e lo giustificherebbe anche se sostituisse Vlahovic con Weah. L’ha già fatto? Giusto.
Una cosa è certa: il rapporto confidenziale e totalizzante lo cerca esclusivamente con la squadra, che risulta plagiata dalla sua personalità. Non esiste intervista in cui uno dei suoi non sottolinei che «con lo stile del tecnico mi trovo meglio». La psicologia dei calciatori la conosciamo bene: vivono solo di presente, di chi incontrano ogni giorno.
PS. Nel frattempo Allegri continua a vincere con i cavalli. Da Estrosa a Mr. Darcy. Ieri il 3 anni di Alma Racing, la scuderia di proprietà dell’ex allenatore della Juve, ha stracciato tutti a Capannelle. «L’ippica è semplice» ha dichiarato Allegri «per vincere ci vogliono i cavallini giusti».