Juve, pareggiarlo è l’unica cosa che conta

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Juve, pareggiarlo è l’unica cosa che conta© Juventus FC via Getty Images
Alessandro F. Giudice
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Nel giorno in cui l’assemblea approva il settimo bilancio consecutivo in perdita, il management della Juve ribadisce l’obiettivo del risanamento finanziario, da realizzare in tempi brevi e con maggiore concretezza rispetto agli slogan della gestione precedente. La perdita sfiora i 200 milioni anche a causa di una stagione senza coppe oltre che di eventi non ricorrenti come la buonuscita di Allegri, il lodo Ronaldo e le svalutazioni di Chiesa e Pogba.

Lo squilibrio costi-ricavi resta tuttavia pesante e il ritorno in Europa, riconquistata grazie ai risultati della scorsa stagione, non basta da solo a riequilibrare i conti della Juve che avrebbe chiuso in perdita anche senza la squalifica. L’obiettivo sembra finalmente condiviso ponendo una svolta culturale: “l’unica cosa che contanon sarà vincere ma pareggiare i conti. L’obiettivo minimo, come per tutti i club di vertice, è il quarto posto in campionato e l’approdo agli ottavi di Champions. Tutto il di più sarà motivo di gioia come per club concorrenti guidati dalla sostenibilità: Milan, Atalanta, Napoli e da poco anche l’Inter con la gestione Oaktree. L’ossessione per la vittoria ha prodotto danni, cristallizzati in oltre 900 milioni di perdite coperte dagli azionisti. Una politica che il club non può più permettersi per due motivi: il settlement agreement e le proporzioni abnormi (anche per Exor) delle perdite. La Juve non è più il giocattolo di famiglia, ma un’azienda collocata nel perimetro di un gruppo quotato, su cui la crisi dell’auto potrebbe pesare, rendendo meno accettabile l’impiego di altre centinaia di milioni nel calcio. Sul fronte Fair Play Uefa, il management nutre ottimismo sulla possibilità di portare il costo della rosa sotto l’80% dei ricavi. Più difficile sarà rientrare nei 60 milioni di perdite consentite nel triennio, ma l’Uefa apprezzerebbe un percorso virtuoso. Il monte stipendi è sceso di 16 milioni (a 239) e calerà, ma concorrenti come il Milan sono a 160 e un simile divario non si riscontra nei risultati sportivi.

La Juve ha tagliato gli ammortamenti dei cartellini a139 milioni, dai 197 del 2021 quando a bilancio aveva oltre 500 milioni di valori netti. È una politica nuova: niente spese folli per trentenni ma ringiovanire la rosa per fare plusvalenze da calciatori ancora in crescita e stipendi tali da agevolarne la cessione senza ingessare il club. Basta operazioni-Vlahovic insomma, niente ingaggi che nessuno vorrà mai accollarsi.

Le perdite attuali sono figlie di un quinquennio senza misura. Mezzo miliardo di cartellini iscritti a bilancio, con una vita residua media di 3 anni, significava condannarsi a spesare 160 milioni di ammortamenti in ogni anno successivo: una spirale che alla Juve non era mai stata interrotta fino alla svolta recente che darà frutti nei prossimi anni. Nel frattempo, competere ad armi pari obbligherà l’area tecnica a inseguire successi senza contare su un volume di fuoco superiore ma con la bravura e l’intelligenza richieste da una competizione agguerrita. Per crescere, la Juve dovrà produrre ricavi (come tutti) perché difficilmente arriverà il solito assegno dell’azionista. Si volterà pagina e ciò chiamerà a una rivoluzione culturale anche i tifosi che dovranno accettare la “normalizzazione” della Juventus. Sarà un fatto positivo per tutto il calcio italiano che ne beneficerà anche in termini di equilibrio competitivo e di maggiore interesse intorno alle vicende sportive della Serie A.


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