L'i nverno è arrivato e a Torino si sente, eccome. Se sul versante francese del tunnel del Frejus c'è moltissima neve, in Italia la condizione è differente. Le temperature sono più o meno le stesse e il freddo è pungente per la Juventus di Thiago Motta. L'eliminazione in Supercoppa apre scenari da brividi, chiude a doppia mandata la luna di miele con i tifosi (che era già fortemente a rischio con il 2-2 contro il Venezia, considerati i cori insultanti nei confronti della squadra negli ultimi dieci minuti) iniziando un gennaio che rischia di diventare una condanna. Perché il calendario è davvero complicato: subito il derby, con un Torino che non lo vince da anni e che, per la legge dei grandi numeri, non potrà perderlo sempre. Poi il recupero con l'Atalanta, a Bergamo, fondamentale per non allontanarsi troppo dalla zona Champions League. Il ritorno allo Stadium verrà battezzato contro il Milan, chiudendo infie il mese contro Antonio Conte e il suo Napoli, intenzionato a non fare sconti a nessuno per reggere il passo dell'Inter.
Il confronto tra Motta e Allegri: ecco i dati
Traduzione: i pareggi non bastano, servono le vittorie e i punti. In più c'è la Champions League, con le due partite contro Bruges e Benfica che possono portare in dote la qualificazione diretta agli ottavi, evitando i playoff di febbraio.
Il confronto con la stagione scorsa è impietoso, per punti fatti dopo 18 giornate: 43 per Allegri, 32 per Thiago. Ed è quasi incredibile pensare che le sconfitte in campionato siano ancora zero. La Juve si è identificata totalmente con il suo allenatore sin dal momento della sua scelta, togliendo ogni ostacolo che poteva diventargli scomodo, basti vedere la lista degli epurati estivi: Szczesny, De Sciglio, Chiesa, Kostic, Miretti, Kean e Rugani, con questi ultimi due che potevano rivestire un ruolo importante, rivedendo la stagione con gli occhi attuali. Motta ha voluto Koopmeiners e l'olandese è stato preso per 60 milioni e spicci, mentre con Douglas Luiz non è mai scattata la scintilla. Il brasiliano è comunque costato 51,5 milioni di euro - anche se tamponati dalle cessioni di Iling-Junior e Barrenechea che hanno portato plusvalenze buone per il bilancio - ed è sistematicamente escluso dagli undici: 0 assist, 0 gol, 354 minuti giocati, non è titolare dallo scorso 19 ottobre e solamente un'altra volta era partito dall'inizio con l'Empoli.
Così l'ex Aston Villa - che in Premier piace ma che vorrebbe rimanere a Torino per giocarsi le proprie carte - appare la cartina tornasole di un manifesto calcistico che latita, dopo avere fatto parlare di sé per tutta l'estate. Anche il Bologna di Thiago Motta preferiva non prenderle, ma c'era una differenza sostanziale: non doveva fare sempre e comunque la partita, contro avversari chiusi nella propria metà campo e che vedono il bicchiere mezzo pieno con un pareggio contro la Juve. Esattamente il contrario di ora: la pareggite è diventata un problema e dopo sei mesi di regno è legittimo aspettarsi di più.
Il confronto con la stagione scorsa è impietoso, per punti fatti dopo 18 giornate: 43 per Allegri, 32 per Thiago. Ed è quasi incredibile pensare che le sconfitte in campionato siano ancora zero. La Juve si è identificata totalmente con il suo allenatore sin dal momento della sua scelta, togliendo ogni ostacolo che poteva diventargli scomodo, basti vedere la lista degli epurati estivi: Szczesny, De Sciglio, Chiesa, Kostic, Miretti, Kean e Rugani, con questi ultimi due che potevano rivestire un ruolo importante, rivedendo la stagione con gli occhi attuali. Motta ha voluto Koopmeiners e l'olandese è stato preso per 60 milioni e spicci, mentre con Douglas Luiz non è mai scattata la scintilla. Il brasiliano è comunque costato 51,5 milioni di euro - anche se tamponati dalle cessioni di Iling-Junior e Barrenechea che hanno portato plusvalenze buone per il bilancio - ed è sistematicamente escluso dagli undici: 0 assist, 0 gol, 354 minuti giocati, non è titolare dallo scorso 19 ottobre e solamente un'altra volta era partito dall'inizio con l'Empoli.
Così l'ex Aston Villa - che in Premier piace ma che vorrebbe rimanere a Torino per giocarsi le proprie carte - appare la cartina tornasole di un manifesto calcistico che latita, dopo avere fatto parlare di sé per tutta l'estate. Anche il Bologna di Thiago Motta preferiva non prenderle, ma c'era una differenza sostanziale: non doveva fare sempre e comunque la partita, contro avversari chiusi nella propria metà campo e che vedono il bicchiere mezzo pieno con un pareggio contro la Juve. Esattamente il contrario di ora: la pareggite è diventata un problema e dopo sei mesi di regno è legittimo aspettarsi di più.