Danilo e l'addio senza ipocrisia alla Juve: perché merita un premio

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Massimilano Gallo
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S e esistesse un concorso sugli addii meno ipocriti dei calciatori, Danilo sarebbe considerato il netto favorito per la vittoria finale. La testa di serie numero uno, diremmo tennisticamente. Il suo saluto social ai tifosi della Juventus (ormai diventato un rito per chi lascia la propria squadra) è sostanzialmente un atto d’accusa alla nuova gestione bianconera. Da John Elkann in giù. Atto d’accusa perfettamente costruito, perché Danilo ha incardinato il proprio saluto sulla fedeltà ai valori della Juventus. O almeno della Juventus che lui ha conosciuto, vissuto e difeso in cinque stagioni e mezzo. Il messaggio - nemmeno tanto implicito, anzi - è che questi valori fondanti non appartengano più all’attuale Juventus.  

Uno dei passaggi chiave è proprio: “Ed è forse per rispettare tanto e lottare per questi valori che non posso più fare parte di questo progetto. Quello che mi rende orgoglioso è di non aver mai cambiato il mio modo di essere, il mio modo di difendere il club più importante della mia storia”. Come a dire: non sono cambiato io, è la Juventus a essere cambiata. Melodia per quei tifosi – sempre più numerosi – che stanno assistendo sbigottiti allo snaturamento di un club che da mesi sembra strenuamente impegnato in quella che potremmo definire una capillare epurazione.  

La nuova Juventus di Elkann, Giuntoli e Thiago Motta sta convintamente portando avanti un processo innanzitutto di de-agnellizzazione (nel senso di Andrea) e poi di de-allegrizzazione (nel senso di Max). La grande paura della base bianconera è che tutto questo si stia tramutando in un processo di de-juventinizzazione.  
È quel che ha chiaramente detto Danilo pretoriano di Allegri come ad esempio lo era Rabiot. Ultimo rappresentante della Juventus che fu, anche se lui dei nove scudetti ne ha vinto solo uno, l’ultimo, quello con Sarri. «Queste emozioni – ha proseguito nel suo addio – non si comprano con nessun “progetto” fantasioso». E le orecchie di Thiago e Giuntoli sono fischiate fortissime. Ma il colpo più duro se lo è riservato per il finale. Ha citato l’uomo che nella nuova Juventus è stato orwellianamente sbianchettato. Come se non fosse mai esistito: Andrea Agnelli. Ha citato lui e una sua frase sulla juventinità: “La nostra consapevolezza sarà la loro sfida, essere all’altezza della storia della Juventus. Ricordatevi, ci riconosceremo ovunque nel mondo, solo con uno sguardo”. 
Ha pochi precedenti quel che sta accadendo alla Juventus. Perin, anch’egli vecchia guardia pur se con un ruolo meno di rilievo, gli ha dedicato un post su Instagram. Vlahovic, Locatelli, Fagioli, Bremer e Pinsoglio lo hanno ricordato con una storia. Danilo è considerato ambasciatore di juventinità anche se ha vissuto gli anni più difficili, il crepuscolo del grande ciclo. Si è sempre distinto per attaccamento alla maglia. È stato capitano. In tanti hanno ricordato i due gol all’Atalanta. Due gol che valsero due pareggi, nemmeno vittorie. Quello del 3-3, a Torino, su punizione, con esultanza esuberante di Allegri. E l’1-1 a Bergamo, di testa, al 92esimo, simbolo del motto bianconero “fino alla fine”. Ha giocato con Bonucci e Chiellini. Proprio il Chiello, oggi ministro delle relazioni istituzionali della Juventus, è la speranza di tanti tifosi. Lui che la vera Juve l’ha vissuta e incarnata. Al momento tace. Ieri ha parlato solo Danilo.  


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