Poborsky, l’uomo del 5 maggio che ha dimenticato la Lazio

L’esterno ceco, dopo la doppietta all’Inter che spense il sogno scudetto, non pensa più al passato. Anzi…
Poborsky, l’uomo del 5 maggio che ha dimenticato la Lazio
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ROMA - Karel Poborsky: giocatore della Lazio, eroe della Juve, nemico dell’Inter. Cinque maggio 2002: i nerazzurri si presentano all’Olimpico, sono strafavoriti per vincere la partita e festeggiare lo scudetto. Perdono in maniera clamorosa 4-2: gol di Vieri, poi Poborsky, Di Biagio, ancora Poborsky, Simeone e infine Inzaghi. L’Olimpico è con la squadra di Cuper: niente esultanze ai gol biancocelesti. Piange Ronaldo, a Moratti non basta il segno della croce dalla tribuna. Tricolore alla Juve. Il personaggio copertina di quella disfatta diventa proprio l’esterno della Lazio. 

Poborsky, la fuga da Roma e zero ricordi

Karel è pronto ad andare via da Roma. Non si è mai preso con la società e con i tifosi. Lontanissimo per filosofia sportiva da quei laziali che gli chiedono di perdere contro l’Inter. E così gioca la partita della vita e se ne torna dritto in Repubblica Ceca la sera stessa con la macchina caricata con i bagagli già ore prima. Sparito. È tornato alla ribalta per un triste avvenimento: ha rischiato di morire per la puntura di una zecca annidata nella sua folta barba. Tre settimane di coma, poi di nuovo la vita. Presidente della Dinamo Ceske Budejovice, club che lo ha lanciato, ha un profilo Instagram con tante foto che lo ritraggono con la maglia del Manchester United. Non una immagine con la maglia della Lazio. Un passato che non vuole ricordare.

La nuova missione di Poborsky

L’ex esterno della Lazio è uscito allo scoperto qualche giorno fa proponendo la sua candidatura a presidente della Federazione calcistica ceca. Un nuovo impegno all’orizzonte: “Amici del calcio, giocatori, dirigenti. Ho sempre giocato in campo piuttosto che dietro le quinte. Ma ora è arrivato il grande momento per giocare la partita decisiva per la promozione del calcio ceco. Ho deciso di candidarmi gratuitamente alla carica di presidente della Federazione. Lo faccio con tutto me stesso: cuore, anima e conoscenza. Devi amare il calcio!”.


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