Sarri e il 4-3-3 della sua Lazio: ecco come giocherà

Spieghiamo il sistema difensivo sofisticato della squadra biancoceleste: l’analisi tattica
Sarri e il 4-3-3 della sua Lazio: ecco come giocherà© Getty Images
Fabrizio Patania
4 min

ROMA - Il sistema misto, “marco e copro”, appartiene alla tradizione del calcio italiano. Lo applicano Pioli al Milan, Allegri alla Juve, Spalletti al Napoli, Inzaghi all’Inter, anche Conte al Tottenham e Mancini con l’Italia. Un difensore si stacca, rompe la linea arretrata come dicono a Coverciano per “uscire” sull’avversario in possesso di palla e andare a contrastarlo, e gli altri lo coprono. Diagonale classica. Gasperini con l’Atalanta e Juric, il suo figlioccio, con il Torino hanno esasperato il concetto. Non esistono coperture: “marco marco” significa andare a uomo in ogni zona del campo. Dieci duelli individuali senza preoccuparsi dello spazio lasciato libero. I gol presi dall’Atalanta e dal Torino sono quasi tutti uguali, nelle praterie. Sarri, quasi unico in Serie A, usa il sistema sofisticatissimo del “copro-copro”. Delneri, ex tecnico del Chievo dei miracoli, era stato il primo a imporlo, diversi anni fa, nel nostro campionato. Giampaolo, con alterni risultati in carriera, lo ha riproposto alla Samp. Mau aggiunge un altro furore offensivo.

Lazio, l’analisi tattica e gli obiettivi

Il concetto principale è la copertura dello spazio. Si guarda la palla come riferimento. In seconda analisi, la distanza dai compagni. In terza e ultima l’avversario. L’obiettivo? Spaccare il meno possibile la linea difensiva, strettissima con i quattro. Se sei messo bene, l’avversario non ha modo di attaccare lo spazio. Mai farsi trovare scoperti. E nessuno esce quando la linea arretrata viene puntata. Si scappa verso il portiere. Atteggiamento conservativo. Ma se l’avversario passa all’indietro, si sale. Reazione istantanea. Il “copro copro” di Sarri è abbinato alla pressione offensiva. Squadra corta, compatta, baricentro alto, difensori con i piedi sulla linea di centrocampo. Mediani e attaccanti, disegnati con il 4-3-3, fanno le diagonali e scalano le posizioni in modo simmetrico. Non c’è una seconda punta “battezzata” come nel calcio spagnolo. In base al movimento di Immobile, attaccando la linea a quattro, la mezzala sale sulla propria verticale per riconquistare palla. Dunque Luis Alberto o Milinkovic. L’esterno prende il suo posto. L’obiettivo? Accorciare le distanze, garantire la copertura. Così il 4-3-3 di Sarri si schiaccia, tendendo al 4-4-2 classico, di memoria sacchiana. Delle analogie con il Milan di Arrigo ci sono. Si forma un blocco unico, la squadra deve muoversi senza smarrire l’ordine tattico. Spazio e tempi decisivi nell’interpretazione. La squadra può essere vulnerabile se l’avversario palleggia veloce e riesce nel cambio-gioco, sulla fascia opposta, con lanci di cinquanta o sessanta metri. Senza palla, la Lazio deve restare “stretta”, non solo “corta”.

Lazio, il pressing nel sarrismo

Per giocare così servono dinamismo, ritmo alto, intensità e attenzione costante alla posizione dei compagni. Non è facilissimo. Quando salta la pressione offensiva, si crea un buco in mezzo. La difesa rischia di essere attaccata in campo aperto, come è successo troppe volte nell’amichevole con il Genoa, persa 1-4. Se funziona bene, corri meno e difendi meglio, ricavando vantaggi decisivi in transizione. Uno o due tocchi, verticalizzazione per lanciare Ciro a rete. Non ci sono compromessi. La Lazio del futuro deve imboccare la via del sarrismo.


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