Lazio, morto Vincenzo D’Amico: addio a uno degli eroi dello Scudetto '74

C’è un altro vuoto nel cuore dei tifosi biancocelesti: per due anni aveva lottato contro un tumore
Daniele Rindone
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C’è un altro vuoto nel cuore dei tifosi della Lazio. È morto Vincenzo D’Amico, 68 anni, un altro degli eroi dello scudetto 1974, il più piccolino della banda Maestrelli, campione d’Italia a 19 anni, lazialità e dribbling irresistibili. «Mi dicono che i malati oncologici tirano fuori forze inaspettate! Io ci sto provando», aveva scritto il 7 maggio su Facebook rivelando la sua malattia. Per due anni ha lottato contro un tumore, l’ha fatto finché ha potuto. D’Amico è morto oggi all’ospedale Gemelli. È un’altra notizia insopportabile per i laziali, provati nel tempo dai dolori. Vincenzo, con il suo talento da Golden Boy, aveva conquistato Maestrelli nel 1972 in ritiro a Pievepelago, era un ragazzino della Primavera. «Credevo di dover andare a giocare al Flaminio con la Primavera, invece mi hanno preso e portato all’hotel Fleming dove ho scoperto di essere convocato per la partita del giorno dopo. Io quella gara mi aspettavo di guardarla dalla tribuna, invece avrei giocato dall’inizio», raccontava Vincenzo.

Addio a Vincenzo D'Amico

Nato a Latina nel 1954, arrivò nella Lazio nel 1970 dopo aver mosso i primi passi nel Cos Latina e nell’Almas Roma. Nella Lazio è rimasto per 15 anni tranne per una breve parentesi al Torino (1980-1981). Non voleva andarci, fu ceduto per problemi economici dopo lo scandalo scommesse. Nel 1981 tornò, in serie B. Due sono le partite epiche che lo ricorderanno per sempre. 30 marzo 1980, Lazio-Catanzaro 2-0. Vittoria-salvezza nella stagione delle scommesse. E poi Lazio-Varese 3-2, era il 6 giugno ‘82. Penultima giornata di B, Varese lanciato verso la promozione in A, Lazio a rischio retrocessione. La vinse D’Amico quella partita: tripletta. La Lazio era sotto di 2 gol. Viola, presidente della Roma, aveva provato più volte a portarlo in giallorosso: “Caro D’Amico, Falcao e Liedholm vogliono che la porti alla Roma”. Vincenzo ripeteva “Presidente, io sto alla Lazio”. Ci è rimasto nella gioia e nel dolore. Non si può parlare di Vincenzo senza sentirsi sopraffatti. Volto umano sorridente, sempre gradevole. La dolcezza di D’Amico era la dolcezza di un vero amico.


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