Lotito esclusivo, da Sarri a Milinkovic fino allo sport italiano: l’intervista al presidente della Lazio

"Mi davano della macchietta, oggi tutti mi riconoscono le capacità. L'allenatore deve indicarmi le posizioni da coprire, io scelgo i giocatori"
Lotito esclusivo, da Sarri a Milinkovic fino allo sport italiano: l’intervista al presidente della Lazio© BARTOLETTI
Ivan Zazzaroni
9 min

Allo scadere della seconda ora, intorno alle 17, l’ho dovuto mandare via. Educatamente, rispettosamente. Ho mandato via Claudio Lotito. Lotito il senatore della Repubblica, il presidente della Lazio, il presidente o il vice di varie commissioni parlamentari, Bilancio, Finanza; Lotito il coordinatore regionale di Forza Italia in Molise, titolare di 13 società operative con 8mila dipendenti; Lotito il consigliere di Federcalcio e Lega; Lotito il risolutore dei problemi del pianeta. «Claudio» gli ho intimato «se non te ne vai dal mio ufficio non riesco a scrivere l’intervista». «Ti voglio misurare con la penna» la risposta che mi ha dato poco prima di infilare un’altra serie di aneddoti esilaranti, con tanto di mimica, su sfide politiche e sportive, scontri in Parlamento, cene e scazzi (anche con De Laurentiis). Memoria straordinaria, la sua, una conoscenza di norme, regolamenti, emendamenti - e emendati - da fare invidia. Come battutista, poi, niente da insegnargli.

Tra quattro giorni entra nel diciannovesimo anno di presidenza della Lazio.

«Faccio ’n cazzo de vita, non ne ho più una. Da agosto a oggi solo due giorni di ferie, l’altr’anno ero a Cortina, m’han richiamato, avevo la campagna elettorale in Molise, manco sapevo dove fosse, ci sono rimasto un mese e mezzo. Secondo più alto d’Italia, alle elezioni... Non vivo più, dormo tre ore e mezza per notte, in diciannove anni ho preso 25 chili. Tra le 22 e le due del mattino il corpo produce il glucagone, un ormone di natura proteica...».

Eh, no, presidente, il glucagone, no.

«Io ho fatto anche Medicina, lasciami finire. Viene definito l’ormone del dimagrimento, è importantissimo per il metabolismo degli zuccheri. Io sono sregolato, con la vita che faccio, dalle 9 alle 22.45 in Senato. Per la prima volta ho visto mia moglie seriamente incazzata».

Tempo per la Lazio?

«Poco, rispetto a prima, però io sono un uomo di risposte, ho la capacità di fornire soluzioni concrete, rapide e efficaci. Parlo con l’allenatore…».

Adesso devi fare a meno anche di Tare, una sorta di istituzione.

«Mica l’ho mollato, è andato via lui e mi è dispiaciuto sul piano personale, umano. Diciotto anni insieme, un grande amico e un uomo d’azienda. Un giorno ha telefonato e mi ha detto che voleva andarsene e che era riconoscente per tutto quello che gli avevo dato».

Non me la racconti giusta. C’erano state delle incomprensioni. Non penso, ad esempio, che abbia gradito l’ingresso di Fabiani.

«Cazzo c’entra Fabiani… Le incomprensioni c’erano state tra Sarri e Igli, integralista il primo, rigido il secondo. Sono dovuto intervenire tre volte. La prima ho menato la squadra, poi quando Sarri stava scricchiolando ho chiarito alcune cose, infine ho detto a Igli che avrebbe dovuto usare la vaselina. Alla squadra ho promesso che avrei pagato dopo ogni vittoria e a settembre m’è toccato versare gennaio, in anticipo di quattro mesi. La Lazio… mi avevano dato un mese di vita come presidente».

Ricordo.

«Me la fece prendere Berlusconi. Lo conoscevo da trentacinque anni, costruzioni. Stava salendo su un aereo, mi telefonò e disse: “Claudio, mi hanno detto che sei l’unico che può mettere a posto questa drammatica situazione, dammi una mano, chiama Marinella” (la storica segretaria, nda). Non una parola di più. Attaccò e partì. Era il 19 luglio del 2004, la Lazio fatturava allora 84 milioni l’anno e ne costava 86,5, aveva 550 miliardi di debiti, ovviamente non miei. Misi 150 miliardi di lire e mi caricai 1070 miliardi di debiti... Non resisterà più di un mese, dicevano. Nei primi anni ero la macchietta, oggi tutti mi riconoscono le capacità. Sono un uomo di sfi de, io. Sto con mia moglie da 30 anni, ricordo che mi regalò una coppetta e disse “questa è per la sfida che hai vinto e per le prossime che vincerai”. Quando mi metto in testa una cosa faccio tutto ciò che è possibile per riuscire. Sono anche un innovatore».

Un ego a prova di bomba.

«Informati da chi mi conosce. Sono troppo modesto».

Non ce la posso fare.

«Berlusconi era un grande perché aveva una visione, anch’io abbatto i muri. Ho introdotto la multiproprietà nel calcio, che non è la seconda squadra. La seconda squadra è una cazzata, va avanti con le risorse della prima. La seconda società invece garantisce i ricavi del territorio. Leggo che l’Uefa vuole aprire alle multiproprietà. Io sono stato obbligato a vendere la Salernitana per 10 milioni alle 23 e 55 dell’ultimo giorno. Me l’hanno sottratta. L’avevo presa dal fondo e portata in A. Altre cose ho introdotto».

La prima.

«La quotazione in Borsa con il sistema duale. L’azionariato flottante costituiva un enorme ostacolo operativo. La seconda, la transazione col fisco, primo in Italia, altro che aiuto di Stato: 6 milioni l’anno per 23 anni, sono un signor contribuente, pago con quattro mesi d’anticipo. Scadenza il primo aprile, io ho versato nel 2021 il 7 novembre e l’anno scorso il 17, sempre di novembre».

Terzo?

«La rivalutazione del marchio, da valore storico a commerciale. Lazio Marketing Communications tratta questo aspetto e garantisce 10, 12 milioni di utile l’anno».

Parliamo della Lazio.

«Ho le idee chiare, a Sarri ho chiesto di indicarmi non dei nomi, ma delle posizioni da coprire, le sue esigenze tecnico-tattiche. I giocatori li scelgo io. A Formello c’è un intero settore che si occupa dello scouting con otto postazioni dedicate. Castellanos è arrivato, l’ho pagato un botto. Ora Maurizio mi chiede un vertice basso, un difensore, non necessariamente un terzino sinistro, un esterno e una mezzala. I nomi li ho tutti in testa».

Non te li chiedo. Anzi, sì.

«Mi fai saltare le trattative, alzare il prezzo».

Sei riuscito a vendere Milinkovic per 40 milioni.

«Gli avevo offerto il rinnovo a una cifra blu. È arrivato il suo procuratore e m’ha detto che l’Arabia garantiva 20 milioni l’anno, 18 netti già tassati. Il giocatore m’ha confessato che cercava qualcosa di nuovo. Quando mi hanno spiegato che c’erano 15 milioni per la Lazio ho risposto che 15 o zero per me era lo stesso e che gli avrei fatto fare tanti giri di campo a Formello. Quindici sono diventati venti, poi trenta, infine quaranta. Al calcio italiano non mancano i giocatori, ma i presidenti. Manca la competenza al vertice».

A proposito di presidenti, come va ultimamente con Gravina?

«Rapporti formali».

Ho capito.

«Ho sempre saputo che i dirigenti si misurano con i risultati. Fatti una domanda e datti una risposta».

Ma ha vinto un Europeo. (Sorride). Giusto per non farti e non farci mancare nulla, sei anche presidente della commissione per i diritti tv. Quanto vale il campionato in soldoni?

«Sono circondato da masochisti, non sappiamo vendere il prodotto. Aurelio dice che è tutta una merda, che non vale ’n cazzo. Ma si può? E gli altri lo seguono. Abbiamo enormi potenzialità invece. Dovremmo occuparci delle infrastrutture prima che dei diritti tv. Io tra l’altro la media company ce l’ho già... Il nostro è il calcio del mors tua vita mea, tutti curano solo gli interessi individuali, io ho sempre lavorato per il sistema. Pensa al decreto salvacalcio, non salvaLotito. Se non mi fossi battuto per farlo passare non solo il calcio, ma tutto lo sport italiano sarebbe fallito. Il cinema ha avuto un miliardo, noi lo spostamento delle tasse con i relativi interessi».

Perché non costruisci tu uno stadio della Lazio?

«Stavo per costruirne uno nei miei terreni, ma Veltroni mi bocciò il progetto. Si arrivava anche con il battello, la rete viaria era perfetta. Chi ti dice che non ci stia lavorando oggi...».

Prima che ti mandi via, gli arabi vogliono anche Immobile?

«Non mi ha detto nulla nessuno».


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