Provedel, il gol meravigliao

Il commento del Condirettore del Corriere dello Sport-Stadio
Alessandro Barbano
4 min

ROMA - Gli occhi increduli di Provedel, dopo il gol meravigliao che regala il pari alla Lazio, mi riportano alla memoria il bellissimo verso di Umberto Saba, che chiude la poesia Goal: “Della festa, egli dice, anch’io son parte”. E Provedel è parte due volte. Quando nega il raddoppio ai madrileni, opponendo il suo corpo al tiro a colpo sicuro di Lino, e quando sbuca più rapido di tutti tra un nugolo di difensori biancorossi e insacca. È un capolavoro che vale la pena ancora di celebrare con le parole del grande poeta triestino: “Intorno al vincitore stanno, al suo collo si gettano i fratelli. Pochi momenti come questo belli, a quanti l’odio consuma e l’amore, è dato, sotto il cielo, di vedere”.

È un momento stupendo, tutt’uno con la sofferta identità della Lazio. Un momento in cui la gioia combacia con lo sgomento, tanto desiderata e tanto inattesa arriva la rete che vale il pareggio. Ma, di più, che vale la fiducia di credere nell’avventura in Europa. La perla del portierone di Sarri dimostra che in partite come questa il coraggio sopravanza la stessa differenza tecnica. L’Atletico palleggia meglio, è capace di affondare con tre passaggi, controlla il vantaggio con disinvoltura. Ma pecca di superbia. E viene punito da una squadra più modesta e, soprattutto, anagraficamente vecchia – l’età media degli uomini di Sarri tocca i trent’anni, troppi per chi pretenda di giocare un calcio globale. Però l’umiltà stavolta è il dodicesimo uomo. Sostiene la fiducia dei biancocelesti, guidati per novanta minuti dalla regia illuminante di Luis Alberto, e con le residue energie la Lazio azzarda l’assedio alla porta spagnola che si rivelerà decisivo.

Progetto Lazio

Il pareggio dell’Olimpico tuttavia racconta il divario di tecnica, di agonismo e di esperienza che questa squadra denuncia al confronto con una big del calcio europeo, se pure falcidiata da tanti infortuni. C’è una spanna tra gli uomini di Simeone, accolto con affetto dalla tifoseria laziale, e quelli di Sarri. È una Lazio orfana di Milinkovic in mezzo al campo, dove la generosità di Kamada non è neanche il succedaneo dell’autorevolezza del serbo. Ed è una Lazio senza spine davanti, dove il ritardo negli spunti e l’incertezza nelle conclusioni di Immobile forse suggerirebbero un’apertura di credito a Castellanos. Ma più di tutto, ciò che preoccupa Sarri è la diligente prevedibilità con cui la squadra interpreta gli schemi del tecnico toscano. Ancorché ordinata e corta tra i reparti, tanto da non farsi quasi mai sorprendere dalle incursioni dell’Atletico, la Lazio non riesce a sostenere l’impegno di un pressing collettivo e le sue sovrapposizioni risultano troppo “telefonate” per aprire concreti spazi al tiro. La premia l’ottimismo della volontà. E in una serata meravigliosa, vale la pena di abbandonarsi a questa emozione inebriante. A patto di non ignorare ciò che in controluce il campo mostra.


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