Lazio, Immobile e la caccia al colpevole

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Lazio, Immobile e la caccia al colpevole© EPA
Stefano Chioffi
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Immobile sta diventando un bersaglio fisso, come gli orsacchiotti di peluche nei Luna Park, perché la memoria dura a volte meno di una candela e la riconoscenza non esiste, è una moneta bucata. Una tendenza che si scontra con i numeri formidabili di Ciro. Un problema ambientale che rischia di trasformarsi in un pericolo, in un altro ostacolo per la Lazio. Dalle sviolinate ai giudizi spietati, dalle celebrazioni al sospetto che il bello sia stato già vissuto e non ritorni più. Una moda antica, nella vita e nel calcio. Quasi mezzo secolo fa, nell’estate del 1976, l’Inter di Fraizzoli decise di cedere Boninsegna alla Juve in cambio di Anastasi: a trentatré anni lo considerava al capolinea di una grande carriera. Un abbaglio, un clamoroso errore. A Torino, con Trapattoni in panchina, Bonimba trovò il tempo di segnare 35 gol in 94 partite e di vincere due scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa. La Lazio, è giusto chiarirlo, non ha mai pensato di separarsi da Immobile, neppure quando Inzaghi aveva provato dietro le quinte a portarlo all’Inter. Lotito lo definisce l’ambasciatore della sua squadra. Stima, rispetto, amicizia. E non solo per i 198 gol tra campionato e coppe. Ciro rispecchia un ideale: è il centravanti-bandiera, l’opposto di un sistema dove tutto ha un prezzo. All’inizio di luglio ha rinunciato ai petrodollari della Saudi League per rimanere a Roma. Un rifiuto silenzioso, senza tradurlo in uno spot, in un credito da rivendicare. Ha dimostrato che l’affetto per una maglia può valere ancora più dei soldi.

Immobile sempre nel mirino

La Lazio sta vivendo una stagione difficile da decifrare, dopo il secondo posto e la qualificazione in Champions. Partite emozionanti e spettacolari, come quelle contro il Napoli e l’Atalanta, alternate a serate da incubo. La sbandata di mercoledì a Rotterdam con il Feyenoord era già avvenuta con il Lecce, il Genoa e la Juve. In questa continua altalena, però, c’è una costante: il clima da processo, “night and day”, nei confronti del capitano. L’ha rimarcato anche Sarri, che non vive solo nel mondo degli schemi e sa leggere in anticipo gli umori e certe situazioni sbagliate: “Io non lo abbandono”, ha detto in Olanda, prima di risalire sull’aereo. Un segnale forte, perché le colpe di una squadra senza equilibrio ricadono spesso sul conto di Ciro, offeso per i messaggi ricevuti sui social dai soliti leoni da tastiera, proprio come sua moglie Jessica. L’errore più grave, adesso, sarebbe quello di credere che un periodo così pesante, dominato dai cattivi pensieri e dai malumori, possa risolversi solo nel modo più radicale. Maturando l’idea che una separazione rappresenti l’unica chiave per spianare ogni disagio. Soprattutto ora che si avvicina gennaio e l’Arabia Saudita ha ricominciato a cercare altri nomi prestigiosi per alimentare un movimento appena sbocciato. Lo sceicco dell’Al-Hilal potrebbe proporgli di raggiungere a Riad il sergente Milinkovic, che gli organizzerebbe una favolosa festa di benvenuto. Ma un divorzio, tra l’attaccante e la Lazio, sarebbe la scelta più impulsiva e superficiale: una sconfitta per tutti.

Immobile, un anno tormentato

Il 2023 è stato un anno tormentato per Ciro: gli infortuni muscolari, le ricadute, l’incidente con la macchina in compagnia delle sue bambine, la paura, la denuncia dei suoi avvocati per un semaforo che forse non funzionava, solo otto gol in campionato da gennaio a ottobre. E poi una condizione atletica che il centravanti fatica a ritrovare, insinuando così in qualcuno il perfido dubbio che la carta d’identità - 20 febbraio 1990 - stia cominciando a incidere: il circo delle banalità. Sarri lo ritiene un patrimonio ed è sceso in campo per alzare il muro. Così come non sono mancati all’Olimpico i cori e gli striscioni di quei tifosi che conservano nel cuore il film dei suoi 198 gol. Immobile sta vivendo con frustrazione questo momento che sembra un lungo labirinto. Ma non può essere un periodo deludente a cancellare otto anni degni di Disneyland e a trasformare l’uomo dei record in un problema. Nella Lazio ha segnato più di Piola, Signori, Chinaglia e Giordano. L’unica verità in mezzo a tante bugie.


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