Lazio in Europa League: quanti punti mancano alla squadra di Tudor

Tudor può mettere al sicuro il settimo posto ed evitare il sorpasso ancora possibile della Fiorentina
Fabrizio Patania
TagsLazio

ROMA - Serve un punto per blindare il settimo posto e la qualificazione in Europa League. Per mero calcolo aritmetico alla Lazio può bastare un pareggio nell’ultima partita di campionato con il Sassuolo, già retrocesso, per evitare l’ipotesi remota di una retrocessione in Conference. Accadrebbe solo in un caso: sconfitta con il Sassuolo, tre punti alla Fiorentina (ora a quota 57) nel recupero del 2 giugno a casa dell’Atalanta dopo aver vinto anche la finale di Atene e sorpasso per differenza reti generale. Solo da settima, costringerebbe la Lazio alla terza e ultima coppa. Da ottava, vincendo la Conference, la Viola salirebbe in Europa League svuotando di ogni interesse di classifica (per se stessa) l’ultima partita a Bergamo.

La scalata di Tudor

Tudor, è chiaro, ha bisogno di chiudere in bellezza il suo mini-torneo, avviato dopo la sosta di fine marzo, per proiettarsi ai colloqui con la società. Impatto positivo, 17 punti in 8 giornate rappresentano un discreto bottino, non eccellente pesando il calendario e le ultime giornate. Salernitana in disarmo, l’Inter campione da un mese, Genoa e Monza già salve hanno favorito la scalata, come peraltro era accaduto con Sarri tra fine dicembre e inizio gennaio, quando la Lazio si era portata a una sola lunghezza di ritardo dal quarto posto. Parliamoci chiaro: se il sesto posto condurrà la Roma in Champions, il campionato potrà essere considerato fallimentare e Tudor, entrato in corsa, è il meno responsabile rispetto alla società, alla squadra e al suo predecessore. Restano i dubbi sulla gestione di alcune partite che avrebbero potuto dare un senso differente al campionato: l’ultima mezz’ora e le sostituzioni (fatte o mancate) nella semifinale di ritorno in Coppa Italia con la Juve, a Monza e con l’Inter sembravano disegnate in fotocopia. Zero ripartenze, niente contropiede, Isaksen e Immobile in panchina, Felipe terzino, Guendouzi trequartista. C’è poco da rimproverare al Taty, esaurito e stravolto dalla stanchezza all’ultimo scatto cancellato dal recupero di Pavard. Sarebbero bastati due punti in più per trasformare l’ultima giornata, con la Roma a Empoli, nel trampolino per il sorpasso Champions. Amen.


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Prospettive

Il miracolo non è riuscito e auspichiamo che Lotito approfondisca e analizzi bene come costruire il futuro, dando la giusta valutazione ai risultati pregressi (compresi gli ottavi Champions) e ai più recenti. Sarri, per sua stessa ammissione, era crollato per la piattezza mentale della Lazio e perché schiacciato da un calendario durissimo: Bologna, Fiorentina, Torino e Milan senza Zaccagni e Rovella un urto troppo pesante da reggere tra l’andata e il ritorno con i mostri del Bayern. Ora si tratta di garantirsi l’Europa League, obiettivo minimo per il club, stabilmente a questi livelli dal 2016.

Precedenti Lazio in Europa

Ottava partecipazione europea di fila considerando le due qualificazioni Champions con Inzaghi e Sarri. Sarebbe l’undicesima nel torneo, sotto la gestione Lotito, aggiungendo il 2014/15 dopo l’eliminazione ai preliminari Champions con Pioli. Solo due volte (nel 2013 con Petkovic e nel 2018 con Inzaghi) la Lazio è arrivata ai quarti di Europa League, in tutte le altre occasioni ha partecipato per modo di dire, concentrandosi sul campionato. Nella prossima stagione sarebbe il caso di affrontarla con l’idea di arrivare in fondo. Lotito allestisca una rosa adeguata. 


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ROMA - Serve un punto per blindare il settimo posto e la qualificazione in Europa League. Per mero calcolo aritmetico alla Lazio può bastare un pareggio nell’ultima partita di campionato con il Sassuolo, già retrocesso, per evitare l’ipotesi remota di una retrocessione in Conference. Accadrebbe solo in un caso: sconfitta con il Sassuolo, tre punti alla Fiorentina (ora a quota 57) nel recupero del 2 giugno a casa dell’Atalanta dopo aver vinto anche la finale di Atene e sorpasso per differenza reti generale. Solo da settima, costringerebbe la Lazio alla terza e ultima coppa. Da ottava, vincendo la Conference, la Viola salirebbe in Europa League svuotando di ogni interesse di classifica (per se stessa) l’ultima partita a Bergamo.

La scalata di Tudor

Tudor, è chiaro, ha bisogno di chiudere in bellezza il suo mini-torneo, avviato dopo la sosta di fine marzo, per proiettarsi ai colloqui con la società. Impatto positivo, 17 punti in 8 giornate rappresentano un discreto bottino, non eccellente pesando il calendario e le ultime giornate. Salernitana in disarmo, l’Inter campione da un mese, Genoa e Monza già salve hanno favorito la scalata, come peraltro era accaduto con Sarri tra fine dicembre e inizio gennaio, quando la Lazio si era portata a una sola lunghezza di ritardo dal quarto posto. Parliamoci chiaro: se il sesto posto condurrà la Roma in Champions, il campionato potrà essere considerato fallimentare e Tudor, entrato in corsa, è il meno responsabile rispetto alla società, alla squadra e al suo predecessore. Restano i dubbi sulla gestione di alcune partite che avrebbero potuto dare un senso differente al campionato: l’ultima mezz’ora e le sostituzioni (fatte o mancate) nella semifinale di ritorno in Coppa Italia con la Juve, a Monza e con l’Inter sembravano disegnate in fotocopia. Zero ripartenze, niente contropiede, Isaksen e Immobile in panchina, Felipe terzino, Guendouzi trequartista. C’è poco da rimproverare al Taty, esaurito e stravolto dalla stanchezza all’ultimo scatto cancellato dal recupero di Pavard. Sarebbero bastati due punti in più per trasformare l’ultima giornata, con la Roma a Empoli, nel trampolino per il sorpasso Champions. Amen.


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