Lazio, come giocherà Baroni: tutto sul modulo e le scelte

L’idea di calcio del nuovo allenatore si basa sulla pressione in fase di non possesso poi la dinamicità
Daniele Rindone
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«Il modulo è solo una conseguenza, io penso a impiegare e collocare i giocatori che ho a disposizione nel modo migliore», dev’essere stata questa frase, firmata da Baroni poco meno di un anno fa, a convincere Lotito a sceglierlo. Niente più integralisti del modulo, niente più oltranzisti chiusi. Per quanto impopolare come scelta, il presidente e Fabiani hanno puntato con decisione su un allenatore senza nome altisonante. Lotito non è nuovo a mosse del genere, alcune sono andate bene in passato, altre molto meno. Baroni è la nuova scommessa.  

Il modulo per la Lazio 

Ridarà le ali alla Lazio, innanzitutto in senso tattico. Baroni a Verona ha stupito con il 4-2-3-1, rimodulato dopo la rivoluzione di gennaio che gli ha portato via 14 giocatori per accoglierne 9 nuovi. Era partito con la difesa a 3. A Lecce ha giocato con il 4-3-3 vincendo il campionato di B. Valuterà la rosa e deciderà di conseguenza. «La filosofia è importante più del sistema. E la mia filosofia è un calcio dove dovremo andare forte: grande pressione in fase di non possesso e grande dinamicità in fase di possesso. Questi sono i concetti su cui stiamo lavorando», sono le parole che Baroni ha pronunciato a Verona prima della partenza. Aveva promesso di non fare un calcio di posizione. Il Lecce della salvezza era stata la quarta squadra di A per aggressione nella metà campo avversaria, questo è un concetto che è stato caro a Sarri e Tudor. Baroni, quando si presenta, non dà tanto peso al modulo: «Conta quello che faranno i giocatori in campo». A volte ha deciso di giocare a uomo, altre no. «L’aggressività e la dinamicità di squadra posso assicurare che ci saranno», aggiunse a Verona. 

La scalata di Baroni  

Baroni a Lecce ricordò le scelte di carriera, lo hanno portato a fare saliscendi: «Ho la mia personalità e il mio modo di svolgere questo lavoro. Sono partito dai professionisti, per scendere nel settore giovanile e ritornare tra i big. Mi nutro di sfide». La grande sfida è la Lazio. Vuole avere un rapporto diretto con i giocatori perché da giocatore «non mi piacevano i tecnici che raccontavano le storielle e così sono io», sono stralci di vecchie interviste. Non ha mai citato maestri, ha preso spunto e studiato il calcio dilettantistico e professionistico, di grandi e piccoli allenatori: «Il nostro lavoro è uno studio continuo, si può prendere spunto da allenatori che lavorano nei dilettanti, come da quelli che fanno la Champions. Guardo sempre avanti e con grande determinazione, all’interno di uno spogliatoio porto i miei valori: il sacrificio e l’aggressività. La squadra deve emozionare chi la guarda». E’ questo che dovrà riuscire a fare per battere lo scetticismo dei tifosi. Quando Corvino lo presentò a Lecce disse poche parole: «In campo ci deve essere una persona che a questo lavoro faccia dare i frutti e per questo abbiamo scelto Baroni». Varrà anche per Lotito


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