Baroni nella storia della Lazio: il dato che lo mette davanti a Maestrelli e Eriksson

Al primo anno l’allenatore ha stabilito un primato provvisorio ma incredibile: i dettagli
Daniele Rindone
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È entrato in scena dalla porta di servizio, è il bello e il brutto del debuttante. Ha preso il volo, Baroni. Vola altissimo, trasvola da una vittoria a un record. Sono i suoi primi passi nella storia della Lazio, nel mondo che gli si è spalancato all’improvviso. Lo ha accolto con incredulità, per scetticismo. Ora lo guarda con incredulità, per stupore. L’irresistibile Baroni, con dieci vittorie nelle prime 14 partite stagionali, è riuscito a prendersi un primato che nessuno aveva firmato. A nove vittorie, all’esordio sulla panchina della Lazio, si sono fermati Fulvio Bernardini, Castagner, Zeman, Eriksson e Petkovic. Bernardini tra giugno e ottobre 1958 collezionò 9 vittorie, 4 pareggi e una sconfitta dopo 14 partite. Ilario Castagner, tra agosto e novembre 1980, contò 9 vittorie e 5 pareggi (ma in B). Zdenek Zeman, tra agosto e ottobre 1994, si spinse fino a 9 vittorie e 4 pareggi (una sconfitta). Sven Goran Eriksson, tra agosto e novembre 1997, all’alba dell’età dell’oro, si fermò a 9 vittorie e 3 pareggi (2 le sconfitte), sempre nelle prime 14 gare. Vladimir Petkovic, l’eroe della Coppa Italia 2013, tra agosto e ottobre 2012 centrò 9 vittorie e 2 pareggi (3 sconfitte). Neppure negli anni degli scudetti s’è arrivati a 10 successi. Nel 1973-74 la Lazio di Maestrelli si fermò a 6, nel 1999-2000 la Lazio di Eriksson a 9. Baroni era abituato a lottare nella coda della Serie A, adesso è a meno tre punti dalla testa della classifica. Otto vittorie nelle ultime 9 partite, media di due punti e di due gol a gara. La Lazio è una realtà riacquisita e finora ha fatto vedere di avere tutto per restare in alto. Ogni rivoluzionario ha bisogno di tempo per imporre il suo marchio. Baroni non ha avuto tempo, ha avuto solo modo di farlo. Questa Lazio sta lasciando segni ovunque, libera forza, una leggerezza feroce, uno stile d’attacco che è diventato tendenza.      

Lazio, lo stile di Baroni 

L’ereditarietà dinastica dei troni della Lazio si acquisisce per meriti. Baroni è ancora all’inizio del cammino, queste prime fantastiche conquiste lo catapultano nel futuro dal passato. Una cosa è sicura, è riuscito a far cambiare marcia alla Lazio. E’ un bel personaggio perché personaggio non è, per questo è speciale. E’ un tecnico di enorme sostanza emotiva e tattica. Di umana sostanza. La Lazio depressa e confusa di fine maggio non aveva bisogno di un predicatore, ma di un padre che la coccolasse. E ora Baroni prova a ingrandire la sfida: «Siamo ambiziosi, vogliamo essere protagonisti fino in fondo in tutte le competizioni, ci teniamo. Ci sono giocatori all’altezza della situazione, attraverso il loro sacrificio nel lavoro mi hanno fatto capire che ci sono margini». La Lazio lotitiana aveva sempre lasciato qualcosa per strada, in campionato o in Europa. Quest’anno no. Terza a meno 3 dal Napoli in campionato, prima in Europa League. La Lazio di Baroni è un’onda d’urto, fa impressione e vuole continuare a farla. Limite è una parola che non esiste: «Siamo in lotta con noi stessi, la sfida più bella è questa. Noi siamo ambiziosi, io, la squadra, la società, è più importante guardare il percorso». Baroni ha vietato di guardare la classifica: «La classifica ci fa piacere ma abbiamo una gara fondamentale contro una grande d’Europa, il Porto. Si butta la testa subito là dentro». Conosce anche lui la sindrome che spesso ha ricacciato la Lazio lontana dai sogni: «Tengo i ragazzi inchiodati sul lavoro e sulla prestazione, se si specchiassero e vedessero che stiamo facendo bene sarebbe il primo passo per volare di sotto». Dal basso in alto, per Baroni il viaggio è senza ritorno.


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