Da Muller a Vardy, Pedro alla Lazio li batte tutti (tranne Lewa): il dato record

Lo spagnolo è rinato con Baroni: i suoi colpi hanno spinto i biancocelesti al primo posto dell’Europa League
Daniele Rindone
4 min

ROMA - I senza età più invecchiano e più diventano giovani. Pedro gli anni li ha lasciati in panchina, in campo porta lo spirito di eterno ragazzo. E’ lì che rifiorisce, ogni gol lo riporta alla giovinezza, lo fa tornare bambino. Dal circolo del panchinaro s’è cancellato, ora è il titolare in più e si diverte a sfidare gli altri vecchietti d’Europa. Tra gli over 35 dei cinque campionati top, i nati dal 1989, considerando tutte le competizioni, solo Lewandowski del Barcellona, 36 anni compiuti il 21 agosto, ha segnato più di Pedrito (19 gol contro 6). Tra gli over 37, generazione dei Millennials del calcio diventati Longennials (da longevità), solo Pedrito ha colpito così tanto. Nessun altro. Sei gol nelle ultime otto partite. Nizza, Twente e Porto in Coppa, tre reti di fila, ci è riuscito per la seconda volta in carriera in Europa (quattro gol consecutivi tra maggio e settembre 2011 con il Barça). Un esempio generazionale per la sua classe di nascita e per quella dei baby di oggi.

Pedro, inno alla gioia

Il boato del gol rifilato al Porto al 92’ è stato il boato di una storia che non vuole finire. Un boato di tripudio, una deflagrazione d’amore, un frastuono che dall’Olimpico è rimbombato dappertutto. Il gol di Pedro, rumorosissimo, è stato festeggiato pazzamente, con tutto il cuore, come avviene ogni volta che segna. Quel boato diventa glorioso canto, le luci si trasformano in stroboscopiche e psichedeliche, l’Olimpico viene convertito in discoteca. Inizia la Pedro-dance con Pedro-pe, sulle note del remix della Carrà, è la colonna sonora di questa Lazio sbalorditiva. Un canto di festa, un canto di battaglia. Il sound che fa venire voglia di ballare fino all’alba, tifosi e giocatori. Tutti scatenati sotto la Nord. Pedro-pe è diventato anche l’inno canzonatorio che i tifosi della Lazio rivolgono sui social ricordando come lo spagnolo sia arrivato alla Lazio, scaricato felicemente.

Lazio, la rinascita di Pedro

Pedrito è rinato con Baroni: «Sta bene, può fare 90 minuti. Ha una testa centrata, sa che c’è fiducia. Quando ti alleni forte non c’è un’età. Ha fatto un ritiro meraviglioso e ha dato da subito dei segnali», la testimonianza del tecnico, ha avuto potere rigenerativo su tanti e ha il potere di far sentire tutti invincibili. «Il mio stato di forma? Merito di Baroni. La chiave è il mister, nel mio caso in particolare, mi piace lavorare con lui», l’esaltazione di Pedrito a Baroni. Nel gioco con ruoli mobili, senza linee prevedibili, il gioco di Pedro, da trequartista e da ala, si inserisce alla perfezione. Movimenti sempre diversi, laterali o centrali. Attacco e difesa, le sue corse tolgono il fiato soltanto a vedersi. Il Pedrito rifiorito impressiona per come segna, per quanto corre e rincorre. Colpisce in corsa, colpisce partendo dal via. E resiste più di quanto si pensasse. L’Olimpico, giovedì, intonava gli olè quando lo vedeva lanciarsi nei recuperi, sradicare palloni, salvare su alcuni assalti del Porto. In questa Lazio che si alza come un’onda e si abbatte sugli avversari tutti gli attaccanti sono messi nelle migliori condizioni per colpire. Pedrito, con i suoi 37 anni senza tempo, è di gran lunga il più attempato della squadra, ma sta dimostrando di avere più vitalità di tutti, più spirito di tutti: «L’unico segreto è lavorare, stare bene in squadra, essere con la testa giusta per competere fino alla fine. Questo è il mio lavoro, penso di stare al massimo, l’importante è essere in una dinamica positiva per me e per la squadra», raccontava giovedì. Il vecchio Pedro che guida la giovane Lazio, prima in Europa League, a meno 3 dal Napoli in campionato, dà l’idea di una squadra che vola nel cielo infinito.


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