Lazio, tutti i punti discussi della gestione di Baroni: dal calo di forma ai tanti infortuni

Lo 0-5 di Bologna ha prodotto effetti antipatici sull’ambiente: sotto giudizio ci è finito il tecnico
Daniele Rindone

Roma - Negli occhi abbiamo la Lazio scintillante e la Lazio sconcertante. Quella che polverizzava, quella polverizzata. Negli occhiamo abbiamo Baroni da trionfo e Baroni da tonfo. Un gruppo spinto da un’energia rara e un gruppo senza più energia. Due realtà diverse, un confuso insieme che disorienta. Qual è la vera Lazio e soprattutto quale arriverà a fine stagione? Un dilemma che non può sciogliere nessuno. Le prime analisi servono per inquadrare il momento, il modo in cui s’è passati dalla corsa Champions (con vista sulla vetta) alla scivolata Champions. Alla tredicesima giornata, dopo Lazio-Bologna (3-0), i biancocelesti erano a meno 1 dal Napoli capolista con Atalanta, Inter e Fiorentina. Alla ventinovesima giornata, dopo Bologna-Lazio (5-0), che ha ribaltato l’equilibrio dello scontro diretto, i biancocelesti sono sesti e per loro fortuna il quarto posto è ancora a meno 2 (occupato dai rossoblù). Ma per la Champions s’è creato un mischione. 

Lazio, il ko di Bologna e gli allarmi creati

La partita di Bologna è arrivata dopo le vittorie al 98’ contro Milan e Viktoria Plzen, dopo i pareggi sofferti contro l’Udinese e i cechi al ritorno, dopo cinque partite in 14 giorni (2 marzo-16 marzo), dopo la conquista dei quarti europei che può proiettare ad una semifinale mai raggiunta dal 2004. Causa ed effetto, dentro la sofferenza ci sono tutti i rischi e le fragilità che Baroni era riuscito a velare. Forse è solo la normalità dei limiti di un organico, ringiovanito con baby inesperti, che si pensava fossero insuperabili in estate, inevitabili ad un certo punto della corsa. Pesano anche una partenza sprint e un calo fisiologico, infortuni e ricadute, rientri forzati. L’integralismo su modulo (4-2-3-1) e atteggiamento tattico pur senza interpreti specifici e furore. Un turnover meno ampio. Il mancato utilizzo di Belahyane, unico pronto del mercato di gennaio, mese che ha creato distanze tra società e tecnico su idee e vedute. Un punto dolente per Lotito e Fabiani. E poi il garbuglio delle liste campionato e Uefa, che la società riconduce a scelte dell’allenatore. Si può discutere di tante cose, bisogna interrogarsi. Una centrifuga tremenda aspetta la Lazio alla ripresa: Torino, Atalanta, Bodø, Roma, Bodø e Genoa. Indirizzerano il rush finale e aiuteranno a capire quale sarà il futuro di Baroni, in scadenza nel 2026. L’idillio di fine 2024, la crisi di inizio 2025. Il rinnovo, lo stallo. Finale a prova d’amore. 


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La crisi di inizio anno e l'Olimpico tabù

Quando niente funziona, come a Bologna, sorge il sospetto che sia impossibile ridursi in questo modo e che una crisi del genere non possa essere del tutto reale. Ma segnali di cedimento si colgono da inizio anno. Nel 2025 la Lazio ha conquistato 16 punti in 11 partite, rispetto alle prime 9 in classifica (dall’Inter al Milan) solo i biancocelesti e la Fiorentina sono così in frenata, neppure i rossoneri. La Roma guida con 29 punti, il Bologna segue con 25, poi Inter 24, Napoli, Juventus e Milan 20, Torino 18, Atalanta 17, Lazio, Genoa, Udinese e Fiorentina 16. Di queste solo Bologna, Inter, Milan e Fiorentina hanno giocato 12 partite. La frenata è evidente. La Lazio ha iniziato a soffrire in casa dopo il 3-0 al Bologna del 24 novembre. Dopo il colpo di Napoli (0-1) il crollo con l’Inter, poi il pareggio con l’Atalanta all’Olimpico e il pari col Como. Il ko con la Fiorentina, la vittoria col Monza, il pari col Napoli acciuffato all’ultimo, il pari con l’Udinese. Negli ultimi due mesi una sola vittoria contro i lombardi in sette partite. Le vittorie europee hanno tolto sicuramente energie, gli infortuni non hanno aiutato. Ma tutta la Lazio ha perso veemenza, forza fisica, energia mentale. Non sempre è riuscita a reagire. «Solo un fatto casuale, in casa abbiamo fatto grandi partite», una delle risposte recenti di Baroni sul complesso nato all’Olimpico. 


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Lazio, le partenze e il turnover

Il motore a mille, da agosto a metà dicembre. Quattro mesi a tutto gas, ma nessun motore è senza limiti. Baroni e il suo staff, dopo un’estate agitata, burrascosa, avevano deciso di impostare una preparazione tesa ad una partenza a bomba. Meno carichi, è immaginabile. Un inizio incerto, una crisi immediata di risultati, avrebbero causato un effetto deflagrante. Quella scelta si sta pagando adesso che infortuni e squalifiche hanno limitato i ricambi, che le partite sono diventate 41 e ne mancano 9 in campionato e 5 in Europa, nella speranza che si arrivi a Bilbao. Si può passare da un minimo di 52 gare (compreso il doppio quarto europeo) ad un massimo di 55 (centrando la finale di Europa League). La Lazio ha iniziato ad accusare stanchezza correndo su tre fronti: campionato, Europa e Coppa Italia (fino a fine febbraio). Baroni inizialmente s’era inventato un turnover vincente, cambiava da da 5 a 9 uomini a partita, giocavano tutti e tutti o quasi davano risposte. E’ successo fino a dicembre. Il conteggio dei minuti da inizio anno ad oggi vede sopra i mille (tra campionato e Coppe) Guendouzi (1338 minuti), Romagnoli (1239’), Marusic (1144’), Gila (1117’), Isaksen (1107’), Dia (1033’), Zaccagni (1026’) e Rovella (1016’) oltre Provedel (1080’). Tavares, Castellanos e Pedro unici sopra la soglia dei 600 minuti. Tutti gli altri sotto. 


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I nodi cambi e i rinforzi di gennaio sempre fuori

Il mercato di gennaio, da sempre fa venire l’orticaria a tutti nel mondo Lazio. Baroni l’ha vissuto con meno distacco rispetto a Sarri, già arreso all’evidenza. Quest’anno è stato diverso. Il diesse Fabiani, un’impresa, ha spinto e convinto Lotito a comprare nonostante paletti rigidissimi legati all’indice di liquidità. S’è potuto farlo con la formula del “prendo ora, pago dopo”, riconoscendo un riscatto a premi, dopo cessioni minori. L’assenza di un centrocampista, dopo l’addio a Cataldi, era un buco colpevolmente lasciato vuoto dalla società. A dicembre la decisione di intervenire. C’era stato un incontro per Belahyane. Baroni poi aveva pregustato l’arrivo di Fazzini, il prescelto, la mezzala di qualità che a suo avviso occorreva. Il litigio Corsi-Lotito ha messo la parola fine ad una trattativa quasi chiusa. S’è lanciato l’assalto a Casadei, fino al sorpasso del Toro. Fabiani ha chiuso per Ibrahimovic, in prestito dal Bayern, poi per Belahyane e Provstgaard. Il mancato utilizzo del centrocampista, in campo 87 minuti, è uno dei punti che divide società e tecnico. Lotito e Fabiani ricordano sempre che non entrano nelle scelte tecniche, ma il malumore serpeggia. Riguarda anche l’utilizzo di Dele-Bashiru. Un giorno lanciato, un giorno dimenticato. Oppure Patric mediano al posto di Isaksen con l’Udinese. Turnover e alcuni cambi sotto giudizio. 


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Gli infortuni e Pellegrini fuori dalla lista

Infortuni e Liste, s’intrecciano altri due casi. Da dicembre c’è stata una sequenza di stop muscolari, che si stanno verificando in tante squadre anche a livello internazionale, ma qui l’analisi è più profonda perché si sono registrate ricadute. Rientri forzati stanno portando ad assenze pesantissime, l’ultima è di Castellanos. Si è stirato di nuovo. Lo sforzo in Europa League, 66 minuti in campo nel ritorno col Viktoria Plzen, dopo un mese fuori e due allenamenti completi, è stato pagato a caro prezzo: gli esami di ieri hanno certificato un nuovo stiramento, stavolta al polpaccio. Rischia uno stop di 15-20 giorni. Era in panchina da figurante al Dall’Ara. Prima di Bologna si era fermato di nuovo Dele-Bashiru, entrato nel finale col Viktoria (14 minuti totali), nuovi fastidi alla caviglia. A dicembre era finito ko Vecino dopo l’infortunio di fine novembre. E’ rimasto fuori tre mesi, colpa di un tentativo di rientro affrettato. Le Liste hanno complicato il quadro, per la società sono riconducibili a scelte tecniche di Baroni. Basic dentro in campionato, mai utilizzato, fuori Pellegrini con Hysaj stirato un mese e più. Fuori Belahyane in Europa, dentro sempre il terzino albanese, pronto dopo la sosta. Questo sì inspiegabile.  


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Roma - Negli occhi abbiamo la Lazio scintillante e la Lazio sconcertante. Quella che polverizzava, quella polverizzata. Negli occhiamo abbiamo Baroni da trionfo e Baroni da tonfo. Un gruppo spinto da un’energia rara e un gruppo senza più energia. Due realtà diverse, un confuso insieme che disorienta. Qual è la vera Lazio e soprattutto quale arriverà a fine stagione? Un dilemma che non può sciogliere nessuno. Le prime analisi servono per inquadrare il momento, il modo in cui s’è passati dalla corsa Champions (con vista sulla vetta) alla scivolata Champions. Alla tredicesima giornata, dopo Lazio-Bologna (3-0), i biancocelesti erano a meno 1 dal Napoli capolista con Atalanta, Inter e Fiorentina. Alla ventinovesima giornata, dopo Bologna-Lazio (5-0), che ha ribaltato l’equilibrio dello scontro diretto, i biancocelesti sono sesti e per loro fortuna il quarto posto è ancora a meno 2 (occupato dai rossoblù). Ma per la Champions s’è creato un mischione. 

Lazio, il ko di Bologna e gli allarmi creati

La partita di Bologna è arrivata dopo le vittorie al 98’ contro Milan e Viktoria Plzen, dopo i pareggi sofferti contro l’Udinese e i cechi al ritorno, dopo cinque partite in 14 giorni (2 marzo-16 marzo), dopo la conquista dei quarti europei che può proiettare ad una semifinale mai raggiunta dal 2004. Causa ed effetto, dentro la sofferenza ci sono tutti i rischi e le fragilità che Baroni era riuscito a velare. Forse è solo la normalità dei limiti di un organico, ringiovanito con baby inesperti, che si pensava fossero insuperabili in estate, inevitabili ad un certo punto della corsa. Pesano anche una partenza sprint e un calo fisiologico, infortuni e ricadute, rientri forzati. L’integralismo su modulo (4-2-3-1) e atteggiamento tattico pur senza interpreti specifici e furore. Un turnover meno ampio. Il mancato utilizzo di Belahyane, unico pronto del mercato di gennaio, mese che ha creato distanze tra società e tecnico su idee e vedute. Un punto dolente per Lotito e Fabiani. E poi il garbuglio delle liste campionato e Uefa, che la società riconduce a scelte dell’allenatore. Si può discutere di tante cose, bisogna interrogarsi. Una centrifuga tremenda aspetta la Lazio alla ripresa: Torino, Atalanta, Bodø, Roma, Bodø e Genoa. Indirizzerano il rush finale e aiuteranno a capire quale sarà il futuro di Baroni, in scadenza nel 2026. L’idillio di fine 2024, la crisi di inizio 2025. Il rinnovo, lo stallo. Finale a prova d’amore. 


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