Lazio, Baroni protegge il gruppo. Ma bisogna ripartire subito

Il tecnico  ha chiesto unità all’ambiente e alla squadra di ripartire subito. Tutto in sei partite e il quarto posto è ancora possibile
Fabrizio Patania

La rabbia e l’orgoglio. Un dolore profondo, quasi fisico, come lo ha definito Baroni, e la voglia di rialzarsi, perché è scritto nella storia della società biancoceleste e lo raccontava Felice Pulici, uno dei suoi custodi principali. «La Lazio non è una squadra di calcio, la Lazio ti entra dentro, ti cattura, è lei che ti sceglie. E come i giovani figli di Sparta attrae a sé solo chi è disposto a soffrire, perché quando c’è la Lazio di mezzo non c’è mai nulla di facile». Bella e struggente, irriducibile e commovente, stremata e senza energie ai supplementari, capace di rimontare e segnarne tre al Bodø, rendendo possibile una rimonta mai realizzata nella storia europea del club, infine di vanificarla prendendo un gol evitabile e di arrendendosi ai rigori. Destino crudele. Addio semifinale di Europa League quando la strada sembrava spianata. La Lazio voleva arrivare sino a Bilbao il 21 maggio. Ieri mattina era distrutta, vuota, sfibrata e acciaccata. «Ci penso io a trasmettere energia ai giocatori, ma stategli vicini, non gettate la croce addosso a Tchaouna e Noslin, io ringrazio anche chi ha calciato e sbagliato i rigori. Sono orgoglioso di questa squadra, ma ora dobbiamo rialzarci e pensare alle prossime partite di campionato» la sintesi del tecnico a notte fonda nella pancia dell’Olimpico.

La molla di Baroni

Stessi concetti ribaditi al gruppo dopo una notte insonne e il ritrovo in mattinata a Formello. Il tecnico non ha dubbi. La Lazio si rialzerà di nuovo e finirà bene il campionato. Cadere e risollevarsi è la specialità di questo gruppo: 46 partite ufficiali dall’inizio della stagione, 25 vittorie, 10 pareggi, 11 sconfitte. Un calcio spumeggiante e un gruppo ringiovanito, ricostruito da zero o quasi in estate. Il cammino in Europa League è stato esaltante al netto del crollo in Norvegia, alla resa dei conti decisivo per l’esito dei quarti di finale. A lungo i biancocelesti hanno occupato il quarto posto in Serie A e anche adesso, mentre a Roma infuriano polemiche e cresce la delusione, c’è un divario di soli tre punti dalla Juve, attesa all’Olimpico l’11 maggio. Tutto è possibile, niente è scontato. La Lazio si gioca il futuro nelle ultime sei partite di campionato. L’esperienza in Europa League può essere di insegnamento, a patto di tornarci nella prossima stagione. Si può guardare più su, anche alla Champions, ma non è facile. Bisogna mettere al sicuro almeno il quinto posto in attesa della finale di Coppa Italia e dell’avventura della Fiorentina in Conference.


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I precedenti

Lotito entra con regolarità nel giro europeo dei club italiani da otto anni. L’ultima volta senza coppe risale al 2016/17, la prima vera stagione di Inzaghi dopo l’esonero di Pioli e il mancato arrivo di Bielsa. Si ripartiva dalla contestazione. Il quinquennio di Simone in crescendo sino a sognare lo scudetto durante il campionato interrotto dal Covid. Tre coppe, una qualificazione Champions bissata da Sarri al secondo anno. Le dimissioni di Mau, l’Europa League centrata da Tudor, la ripartenza estiva con Baroni, ora chiamato a centrare l’obiettivo europeo dentro una stagione in cui le aspettative sono cresciute alla distanza, forse in misura non proporzionata.

Il percorso

C’è un altro aspetto da sottolineare. Un ciclo e la crescita di un gruppo passano anche attraverso le delusioni, è la legge dello sport. La Lazio ha riempito l’Olimpico di amore e di passione: 55 mila spettatori per una partita di Europa League non si erano mai visti. Da qui bisogna ripartire, sapendo che Marassi e il Genoa rappresentano lo snodo più delicato. Il rischio di un contraccolpo psicologico esiste. Il tecnico e la società lavoreranno per ridimensionarlo nelle prossime ore. Serviranno l’energia e la freschezza di chi ha giocato meno. Nervi saldi, personalità, voglia di andare a riprendersi l’Europa. Ecco cosa deve dimostrare la Lazio a Marassi.

 

 

 


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La rabbia e l’orgoglio. Un dolore profondo, quasi fisico, come lo ha definito Baroni, e la voglia di rialzarsi, perché è scritto nella storia della società biancoceleste e lo raccontava Felice Pulici, uno dei suoi custodi principali. «La Lazio non è una squadra di calcio, la Lazio ti entra dentro, ti cattura, è lei che ti sceglie. E come i giovani figli di Sparta attrae a sé solo chi è disposto a soffrire, perché quando c’è la Lazio di mezzo non c’è mai nulla di facile». Bella e struggente, irriducibile e commovente, stremata e senza energie ai supplementari, capace di rimontare e segnarne tre al Bodø, rendendo possibile una rimonta mai realizzata nella storia europea del club, infine di vanificarla prendendo un gol evitabile e di arrendendosi ai rigori. Destino crudele. Addio semifinale di Europa League quando la strada sembrava spianata. La Lazio voleva arrivare sino a Bilbao il 21 maggio. Ieri mattina era distrutta, vuota, sfibrata e acciaccata. «Ci penso io a trasmettere energia ai giocatori, ma stategli vicini, non gettate la croce addosso a Tchaouna e Noslin, io ringrazio anche chi ha calciato e sbagliato i rigori. Sono orgoglioso di questa squadra, ma ora dobbiamo rialzarci e pensare alle prossime partite di campionato» la sintesi del tecnico a notte fonda nella pancia dell’Olimpico.

La molla di Baroni

Stessi concetti ribaditi al gruppo dopo una notte insonne e il ritrovo in mattinata a Formello. Il tecnico non ha dubbi. La Lazio si rialzerà di nuovo e finirà bene il campionato. Cadere e risollevarsi è la specialità di questo gruppo: 46 partite ufficiali dall’inizio della stagione, 25 vittorie, 10 pareggi, 11 sconfitte. Un calcio spumeggiante e un gruppo ringiovanito, ricostruito da zero o quasi in estate. Il cammino in Europa League è stato esaltante al netto del crollo in Norvegia, alla resa dei conti decisivo per l’esito dei quarti di finale. A lungo i biancocelesti hanno occupato il quarto posto in Serie A e anche adesso, mentre a Roma infuriano polemiche e cresce la delusione, c’è un divario di soli tre punti dalla Juve, attesa all’Olimpico l’11 maggio. Tutto è possibile, niente è scontato. La Lazio si gioca il futuro nelle ultime sei partite di campionato. L’esperienza in Europa League può essere di insegnamento, a patto di tornarci nella prossima stagione. Si può guardare più su, anche alla Champions, ma non è facile. Bisogna mettere al sicuro almeno il quinto posto in attesa della finale di Coppa Italia e dell’avventura della Fiorentina in Conference.


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