Pagina 4 | Ibra scatenato: "Io, il bodyguard del Milan. La battuta sul boss? Dipende con chi scherzi...". Poi parla della fine carriera

Zlatan Ibrahimovic è stato protagonista di una lunga intervista a GQ. L'ex attaccante dei rossoneri, attuale Senior Advisor della Proprietà e Senior Management del Milan, ha parlato a fondo del ruolo da dirigente che ha scelto di accettare dopo la fine della sua carriera da giocatore: «Sono il bodyguard: se devono sparare a qualcuno, che sparino a me. Io voglio proteggere squadra e società. Non mi fa paura, perché io sparo due volte indietro. Quindi posso essere io il bersaglio (...). Per 25 anni da calciatore mi hanno attaccato ogni giorno. Perché? Perché ero il migliore. Che parlino bene o male, se parlano di te significa che sei in cima al mondo. E qui è uguale: tutti parlano sempre del Milan. Perché? Perché siamo i più grandi».

"Io boss del Milan? Una battuta di quelle classiche, da Ibra"

Ibrahimovic ha poi chiarito il messaggio che voleva trasmettere quando, all'inizio della sua nuova avventura fuori dal campo, dichiarò di essere "il boss" del Milan«Ho fatto una battuta, una di quelle classiche, da Ibra, no? Ma dipende sempre da con chi scherzi. Lì c’erano ex giocatori, quindi ho detto: “Io sono il boss, e tutti lavorano per me”. La prima volta l’ho detto in un’intervista in inglese, ma aggiungendo che era una battuta. Perché poi ho anche chiarito il mio ruolo di advisor, rappresentante della proprietà, tutto il resto. Ma ovviamente, quando ero giocatore, una battuta così veniva presa in un certo modo. Ora? Ognuno la interpreta come vuole».

Ibrahimovic e la vita da dirigente del Milan: "Gioco di squadra importante come in campo"

Ibrahimovic si è a lungo soffermato sull'inizio del suo nuovo percorso professionale: «Come in campo, anche qui il gioco di squadra è la cosa più importante di tutte. È quello che ho detto a Gerry Cardinale quando ho accettato di lavorare con lui. Gli ho detto chiaramente: “Non è più un one-man show. Non vengo qui per salvare nessuno. Se pensi che sia così, lasciamo perdere subito. Io non sono qui per salvare la situazione. Sono qui per imparare dagli altri e aiutarli a dare il meglio. Imparare. Aiutare. Teamwork”»


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Ibrahimovic e la fine della sua carriera da giocatore: "Il vero problema è mettere da parte l'ego"

Il passaggio dal campo alla scrivania non è stato semplice: «Quando ho smesso di giocare avevo 42 anni. Mi sono detto: Ascolta, devi essere realista. Devi accettare che non sei più quello di prima. Il problema più grande, il vero problema che ogni calciatore ha, è proprio questo: accettare la realtà e mettere da parte l’ego. Capire che hai superato la data di scadenza. Io l’ho fatto. L’ho accettato. E così ho trovato la mia pace. Da quel momento sono tranquillo. E quella era la parte più difficile».

«Ho iniziato a godermi la vita in un altro modo, senza allenarmi ogni giorno. Sono stato tanto con la mia famiglia, come faccio sempre. Io non sono uno che esce la sera. Se guardi il mio Instagram, non troverai mai una foto di mia moglie o dei miei figli. Perché per me loro sono sacri, privati. E quindi, dopo che ho smesso di giocare, ho passato tanto tempo con loro.  E rivivevo la mia vita attraverso loro. Era come un flashback, ma con loro ma non con me in campo. Perché quando giocavo, di tempo per loro ne avevo poco. Adesso volevo recuperare. È stato veramente fantastico».

Ibrahimovic sul primo incontro con Cardinale dopo il ritiro dal calcio giocato

Ibra ha poi aggiunto: «Non stavo nemmeno cercando qualcosa da fare. Nessuna sfida, niente. Mi sono detto: Prenditi il tuo tempo. Guarda cosa succede. Rallenta. Abituati alla nuova vita. E dopo tre mesi sono venuto a trovare i ragazzi qui al Milan. Ho parlato con Furlani, il CEO. Gli è piaciuta la nostra chiacchierata e mi ha detto: Dovresti incontrare Gerry Cardinale. Così l’ho incontrato. Abbiamo parlato. Voleva sapere di più su di me, cosa voglio, chi sono. Conoscermi meglio. Poi mi ha detto: “Voglio che tu sia in RedBird. Non nel Milan. In RedBird. Voglio che lavori con il Milan. Porta la tua esperienza. Impara l’altro lato del calcio, quello che non vedi in campo. La finanza, i numeri, come funziona tutto”».


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Ibra: "Carinale è il vero Lupo di Wall Street"

Parlando di Cardinale, Ibrahimovic ha poi aggiunto: «È stato Gerry, come ti dicevo. Lui spinge. Spinge forte. Ora capisco perché ha successo: non molla mai. È il vero Wolf of Wall Street. Ottiene sempre quello che vuole. Alla fine, mi ha dato un’opportunità a cui non potevo dire di no. E poi anche mia moglie mi ha detto: Se ti conosco bene, so che dopo un po’ ti annoierai. Tu hai bisogno di una sfida. Vai, fai quello che devi fare e sii te stesso. E lei mi conosce e bene».

«Gerry ha tante altre cose a cui pensare, giusto? Lo dice spesso: Questo non è il mio lavoro di tutti i giorni. Ma gli importa, e molto. È molto legato al Milan, vuole avere successo, il Milan è assolutamente centrale nei piani di RedBird. Vuole riportare il Milan dove merita di stare. A modo suo, con la sua visione, la sua ambizione. E noi seguiamo quella strada. Lui ha messo le persone giuste a gestire il Milan. E ti dà la responsabilità, ma in cambio vuole una cosa semplice: i risultati».


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Ibrhaimovic: "Ultimo scudetto Milan? Vinto con la mentalità"

Ibrahimovic ha poi concluso rivolgendosi al suo intervistatore: «Sai come abbiamo vinto l’ultimo scudetto, quando giocavo? Con la mentalità. Perché con la giusta motivazione, con la giusta mentalità, un atleta è capace di tutto. Non eravamo la squadra più forte, ma abbiamo vinto perché eravamo più forti mentalmente. È questo che cerco di portare, sempre. È diverso, ovviamente, a Milanello e a Casa Milan, perché quando vedo un calciatore, so cosa fare per motivarlo, so chi devo abbracciare, so a chi devo fare un sorriso, so chi devo guardare male, so con chi devo fare la voce grossa. Quello spogliatoio lo conosco benissimo. Con la parte di business, è più sottile»

«Quando abbiamo vinto la Supercoppa a Riyad, quando eravamo in campo a festeggiare, la prima cosa che ho detto ai miei è stata: Quando torniamo, portiamo il trofeo a Casa Milan. Facciamo una foto con tutti. Perché tutti hanno il diritto di vedere questo trofeo, non solo i giocatori. E quando dico tutti, intendo tutti. Non solo massaggiatori o i fisioterapisti, ma tutto il Milan, tutto il commerciale, proprio tutti. Questa è la cosa più importante. Per questo, il nostro motto è Winning Together».


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Ibrhaimovic: "Ultimo scudetto Milan? Vinto con la mentalità"

Ibrahimovic ha poi concluso rivolgendosi al suo intervistatore: «Sai come abbiamo vinto l’ultimo scudetto, quando giocavo? Con la mentalità. Perché con la giusta motivazione, con la giusta mentalità, un atleta è capace di tutto. Non eravamo la squadra più forte, ma abbiamo vinto perché eravamo più forti mentalmente. È questo che cerco di portare, sempre. È diverso, ovviamente, a Milanello e a Casa Milan, perché quando vedo un calciatore, so cosa fare per motivarlo, so chi devo abbracciare, so a chi devo fare un sorriso, so chi devo guardare male, so con chi devo fare la voce grossa. Quello spogliatoio lo conosco benissimo. Con la parte di business, è più sottile»

«Quando abbiamo vinto la Supercoppa a Riyad, quando eravamo in campo a festeggiare, la prima cosa che ho detto ai miei è stata: Quando torniamo, portiamo il trofeo a Casa Milan. Facciamo una foto con tutti. Perché tutti hanno il diritto di vedere questo trofeo, non solo i giocatori. E quando dico tutti, intendo tutti. Non solo massaggiatori o i fisioterapisti, ma tutto il Milan, tutto il commerciale, proprio tutti. Questa è la cosa più importante. Per questo, il nostro motto è Winning Together».


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