«Scusa, scusa un attimo». Raul Albiol passa rapidamente dall'italiano al castigliano e comincia a chiacchierare con un tipo. Che gli dice: "Pinchaste". Ovvero: hai bucato. Ebbene sì, anche Raul buca. E no, qui il calcio e gli attaccanti non c'entrano un bel niente: ha proprio una ruota a terra. «Sì, va cambiata». Poco male in un momento praticamente perfetto: 35 anni e l'orgoglio di aver conquistato l'Europa League da capitano del Villarreal. Mercoledì, in finale con il Manchester United di Cavani: «Sono molto felice per me, per la squadra e per la gente. Siamo nella storia».
Vero, sacrosanto.
«Vila-real è un paese piccolo e questo è il primo titolo del club: è un grande onore essere il capitano della squadra».
Lei ha vinto di tutto, compresi un Mondiale a due Europei, eppure si avverte un'emozione particolare.
«Forse è la più grande: per la mia età, perché il Villarreal non aveva mai vinto nulla e perché non era favorito. Anzi. Ma il calcio è questo: è sognare. Ed è bellissimo fare parte di questo sogno e di questa storia».
Pensi un po': ha sfiorato lo scudetto con il Napoli che tutti aspettavano e invece ha portato a casa l'Europa League più inaspettata.
«Ecco, quella è la più grande delusione della mia carriera: lo meritavamo, ci credevamo, e vedere vincere l'Inter con gli stessi punti, 91, fa ancora più male».
Napoli ha tifato per lei. Sì, l'impressione è che abbia tifato più per lei che per il Matador.
«Ho capito che tantissima gente era dalla parte mia e del Villarreal nonostante Cavani. Sono così felice e credetemi: non so come ricambiare tanto amore».
Lo sta facendo, davvero.
«Anche io ho un grande amore per Napoli: per come mi hanno trattato la gente, i compagni, il presidente e la sua famiglia. Ecco perché sono rimasto sei anni, mai così tanti neanche a Madrid e Valencia. Grazie al Napoli sono cresciuto e migliorato: mi hanno restituito il grande calcio dopo un periodo difficile con il Real».
A proposito di De Laurentiis: quando lei andò via disse che, per una questione di età, gli aveva fatto un piacere.
«(ride) Aurelio è troppo intelligente».
Lo sa che sta pensando al suo ritorno?
«Mi fa piacere, sono contento, ma una cosa del genere mi sembra difficile. La mia è stata una scelta di vita: se non fosse stato il Villarreal, non avrei lasciato Napoli. Abbiamo scelto la famiglia, gli amici, casa nostra: alla mia età ragiono giorno per giorno, e oggi dico che voglio godermi la Champions in una società che mi ha voluto fortemente e mi riempie d'affetto. Ho un altro anno di contratto e poi... boh. Chissà».
Napoli, però, è un pezzo del suo cuore.
«Un pezzo molto grande. Tifo Napoli ogni volta e sono molto triste che non sia andato in Champions».
Cosa pensa di Spalletti?
«Un allenatore dal grande nome, di livello mondiale. Il presidente è sempre bravo a scegliere i tecnici».
Sa cosa dicono i tifosi del Napoli? Da quando è andato via Albiol, il Patron, la difesa non è più la stessa. E dicono anche che Koulibaly rendeva meglio al suo fianco.
«Mi fa piacere che la gente si ricordi di me, ho dato tutto al Napoli, ma Kouly non ha bisogno di nessuno: ha le qualità per essere il miglior difensore del mondo. Poi, c'è la squadra: nelle ultime stagioni ha perso un po' di stabilità difensiva, è vero, però ha vinto la Coppa Italia e lottato per la Champions fi no alla fine».
In attesa del mercato, e considerando l'ossatura, a cosa può aspirare il nuovo Napoli di Spalletti?
«L'obiettivo deve essere la Champions, ha la squadra per rientrare, ma può lottare anche per vincere l'Europa League e lo scudetto. C'è grande rivalità in Italia e dunque tutti perderanno punti».
Si dice che il club azzurro abbia un debole per il suo collega Pau Torres.
«Piace a tanti».
E costa un bel po'. Come Fabian Ruiz.
«Lui è mio fratello. Un fenomeno, un centrocampista spettacolare: è normale che l'Atletico Madrid, il Psg e altri pensino a lui».
A proposito di ex compagni: Insigne ha il contratto in scadenza.
«Un giocatore di altissimo livello. Per il Napoli è un onore averlo, passeranno anni prima di trovare un altro come Lorenzo: è napoletano, è il capitano ed è felice a casa sua. Devono rinnovargli il contratto, assolutamente».
Anche uno come Albiol farebbe comodo a tutti: in questa stagione, a 35 anni, ha giocato 47 partite.
«Non lo sapevo. Beh, curo ogni cosa per stare bene: il riposo, l'alimentazione, gli allenamenti. Una buona condizione fisica è necessaria e quest'anno grazie a Dio non ho avuto infortuni».
La conosce la storia di Sansone?
«Sì: la forza nei capelli».
Lei li ha rasati dopo la finale, negli spogliatoi dello stadio di Danzica...
«Ho pagato un pegno ma non ho paura: la stagione è finita e ricresceranno».
È stato bello giocare e vincere davanti al pubblico, vero?
«Molto, si, anche se lo stadio era pieno a metà. Per fortuna rivediamo un po' di luce e i vaccini stanno aiutando».
Lei è vaccinato?
«Non ancora».
Però s'è dimostrato un rigorista adulto e vaccinato: che classe.
«Eh, in allenamento guardavo Insigne e Mertens: ho imparato da loro».
Ha sentito i suoi vecchi compagni dopo aver alzato l'Europa League?
«Si, mi hanno scritto e chiamato in tanti. Anche il club mi ha dedicato un messaggio. Grazie mille a tutti».
È mai ritornato a Napoli?
«Avrei voluto, ma poi è scoppiato il casino della pandemia. Spero a giugno, anche a Capri».
A proposito di scoppiare: cambiata la ruota?
«Sì, tutto a posto. Sono pronto».
Vamos.
Tutti gli approfondimenti sull’edizione del Corriere dello Sport – Stadio