Dov’eravamo rimasti? Centottantandue giorni sono tanti oppure pochi, dipende, però voltandosi un po’ e andando a dare un’occhiata in quell’area svuotata dalle sue smorfie, «Ciro scopre» che sa d’eternità. La sua Napoli, il suo Napoli, sono rimasti impigliati nella bruma della memoria: e in quella notte piena anche di sé - 22 aprile 2021 - d’una magìa che riempì gli occhi, dei lampi d’un talento poi adagiato in sala operatoria, è racchiusa quella fiammata, la centotrentacinquesima, d’un re che non intende certo abdicare. Napoli-Lazio, 5-2, fu un incastro di gemme, un sogno che il Verona avrebbe poi trasformato in illusione, e però pure l’ultima da titolare d’un attaccante talmente moderno da non avere cliché, potendosi permettere d’ondeggiare ovunque, di inventare a sinistra, di migrare a destra, di inventarsi falso nueve e però dimostrandosi centravanti autenticissimo o anche di starsene tra le linee.
Mertens, i numeri
Tra i 135 Mertens di questi nove anni napoletani ci si può perdere e in quella galleria d’artista, tra volée, veroniche, parabole e diavolerie, Spalletti non ha potuto ammirare dal vivo tutto ciò che gli servirebbe per starsene aggrappato ad un’Europa League che ha un senso, eccome. Il destino, che dà e toglie, dopo aver offerto l’esuberanza travolgente di Osimhen, gli ha sottratto la fantasia strisciante di Mertens, operato a una spalla il 5 luglio e rientrato da un po’: sei minuti a Firenze, 19' decisivi con il Torino, danzando tra un muro di maglie granata, sfidando le leggi di gravita, smaterializzandosi per intrufolarsi in quelle pareti umane e «pettinare» un pallone finito, poi, con un rimpallo, dalle parti del suo erede designato.
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