Meret, quando si nasce numero 1

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Meret, quando si nasce numero 1© LAPRESSE
Antonio Giordano
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Mentre giochicchiava sui campi della «Donatello», e già l’universo gli riconosceva il ruolo del «predestinato», Alex Meret non poteva sospettare che gran parte di ciò che gli stavano insegnando sarebbe stato sistemato burrascosamente in un cestino come carta straccia: mani in alto, ragazzo, qua sta cambiando, sta irrompendo la costruzione dal basso, in realtà la distruzione dell’anima. E comunque, almeno sino a quando il destino non è entrato rovinosamente in tackle, Meret ha fatto come sapeva: non si arriva a Napoli, a ventuno anni, alla «modica» cifra di ventiquattro milioni circa, senza il sostegno di un talento esagerato.

Al secondo allenamento in ritiro, non si erano detti ancora buongiorno, Meret si è ritrovato investito da un amico, ha sentito un crack, frattura del terzo medio dell’ulna sinistra, e Sliding Doors diventa il suo film paradossale, un’ossessione, con Ospina che sta dietro l’uscio e (meritatamente) gli porta via le chiavi del Napoli. Il portiere è un uomo terribilmente solo, vive dentro pensieri spettinati, non ha zattere né paracadute ma semmai semplicemente tunnel nei quali perdersi: la sassata di Romelu Lukaku (gennaio 2020) diventa la sua disperazione e la scorciatoia per accomodarlo in panchina; il palleggio «assassino» con l’Empoli (aprile 2022) si trasforma in una condanna popolare (quasi) senza appello.

Il calcio non ha mezze misure e la polvere s’annida in prossimità dell’altare, dove si finisce con una serie d’accuse da brividi: Alex Meret, intanto 25 anni, ha scoperto di «non aver carattere», di «essere fragile psicologicamente», di «non saper partecipare alla manovra», di «non comandare la difesa», un serial-killer dei sogni, un incubo allestito con superficialità e con la complicità di un club innamorato pazzo di Keylor Navas, un «sosia» di Ospina però con molte Champions in più, ma anche da Kepa, da Trapp, da Neto, da Vicario. Mancavano gli uscieri, non certo i portieri.

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In tre mesi, lo scenario s’è stravolto ancora, Meret s’è sbarazzato di ombre, fantasmi e paragoni, ha ritrovato al proprio fianco Salvatore Sirigu - molto più di un collega ma il carismatico compagno con il quale condividere sensazioni in libertà - ha assistito alla riesplosione di Donnarumma, pure lui fuori dagli equivoci con il Psg, e intanto si sta godendo la propria, personalissima rivincita, dopo essere rimasto - sempre e comunque - nel giro della Nazionale, perché Mancini di piedi buoni s’intende e però ha sempre messo le mani avanti con cui i bambini-prodigio riaprono qualsiasi porta.


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