CASTEL VOLTURNO - Natia Makharoblidze, georgiana di Rustavi, interprete estremamente professionale, è più emozionata di un tifoso del Napoli alla vigilia di una (ipotetica, ancorché augurabile) partita-scudetto o di una (ipotetica) finale di Champions. Le domando se sia felice d’incontrarlo. Neanche il tempo di chiederlo che Khvicha entra nella saletta del centro sportivo di Castel Volturno scelta per l’intervista. Dopo le presentazioni, con genuino imbarazzo Natia gli dice in lingua madre che è «una stella che brilla», è «il figlio di tutto il popolo», è «l'ambasciatore della Georgia a Napoli, in Italia e nel mondo». I due s’abbracciano, emozionati, lei gli dà anche un bacio sulla testa, tra i capelli, pieno d’affetto vero e di orgoglio. Il momento, davvero intenso, racconta perfettamente cosa e chi sia Khvicha Kvaratskhelia per il suo popolo: non è soltanto una questione di tifo, nonostante sia pur sempre una declinazione dell’amore: è identità, e di questi tempi molto di più. Kvara è un messaggio infilato con cura in un bottiglia di vetro che galleggia nel Golfo e non conosce confini. È una rivoluzione di pace e gioia in mezzo ai venti di guerra. È il sogno georgiano raccontato attraverso il calcio. Calcio che da qualche mese non smette di ripetere quel cognome che sembrava impossibile da pronunciare. Il gol e il talento semplificano tutto, riducono gli spazi, in casi come quello di Khvicha impongono soprannomi, calembour, strade facili per l’esaltazione della classe, proiettano un ragazzo di qualità in una dimensione quasi intima. Non è difficile immaginare cosa rappresenti Kvara per la tifoseria napoletana e per una città che non finisce mai di sorprendere e sorprendersi. Kvara è l’inatteso, l’erede capace di cancellare una porzione di storia di calcio. Natia osserva e traduce dando un significato speciale alla chiacchierata, portandoci dentro un mondo quasi invisibile ai nostri occhi.
Come se la cavano i napoletani e gli italiani con il suo nome? Progressi rispetto a giugno?
«Sì, direi di sì. Ora va meglio. Anche i giornalisti e i commentatori televisivi lo pronunciano meglio».
Voto?
«Da 1 a 10? Un 6. La sufficienza».
Troppo buono, Khvicha. E al Napoli, invece, che voto dà?
«Facile: 10. E' una squadra piena di giocatori molto forti, molto bravi: se continuiamo così, possiamo anche arrivare più in alto di quanto pensino tutti».
Dopo le magiche notti di Champions con il Liverpool e l'Ajax, a cui ne avete rifilati sei, qualcuno ha cominciato a scherzare sul Triplete. Magari anche a sognarlo...
«Per me ogni titolo, ogni vittoria è un sogno: ad Amsterdam come al Maradona è stato magnifico, ma dobbiamo lavorare ancora tanto. Sempre. Di più».
Cosa le disse Spalletti prima di venire a Napoli?
«Tante cose. Ci incontrammo a Milano, a casa sua».
E da quel giorno non si è più fermato: 5 gol e 2 assist in campionato e un gol e 2 assist in Champions. E poi giochi, giochetti e spettacolo: in Georgia dicono che lei, in campo, si sente come a Disneyland. Per la gente è un orgoglio nazionale.
«Per me è una grande gioia ma anche un'enorme responsabilità».
Per la precisione, anche i tifosi del Napoli sono impazziti. Si parla di Kvaramania.
«Ripeto, è bello sapere che tutti o comunque in tanti la pensino così, ma proprio per questo motivo quando gioco do tutto me stesso. Il cento per cento. Più del massimo».
Scusi, Kvaratskhelia: ma lei dove vuole arrivare?
«Sto lavorando molto per migliorare e voglio lavorare anche di più perché devo ancora imparare tante cose. Però una cosa è certa: voglio arrivare in alto».
E pensare che già la chiamano Kvaradona e Kvaravaggio: quale soprannome le piace di più?
«Non lo so, davvero, non ci penso e neanche voglio pensarci. Non è possibile: Maradona è troppo grande, troppo tutto. Mi va benissimo il mio: Kvara».
L'Europa la considera una stella, tutti gli osservatori dei top club la seguono e il suo valore è in ascesa costante: eppure, lei conserva un'incredibile umiltà. Complimenti.
«Me l'hanno trasmessa i miei genitori, sono cresciuto così: non mi piace chi esagera e chi parla troppo. Io so soltanto che devo fare del mio meglio e poi la gente giudicherà se sarò stato bravo oppure no».
Spalletti ogni tanto l'ha rimproverata per qualche dribbling in più e invece martedì, dopo l'Ajax, le ha fatto i complimenti per come ha aiutato la squadra e per l'atteggiamento.
«E' veramente un grande allenatore. Molto, molto bravo: mi guarda da fuori e mi dice cosa sto facendo nella maniera giusta e cosa sto sbagliando. Mi fa migliorare. E' un maestro».
E il Napoli, invece, cos'è?
«Una famiglia, un gruppo molto unito che lavora con impegno e guarda nella stessa direzione. E poi una squadra molto forte».
Quantomeno da scudetto: siete primi in campionato e anche nel gruppo di Champions. A un passo dalla qualificazione agli ottavi.
«Lo scudetto è un sogno, certo. Gli ottavi, a questo punto, un obiettivo».
Chi ha più limiti: il Napoli o Kvaratskhelia?
«Nessuno ha limiti. Possiamo crescere insieme, mano nella mano. No limits».
Ad Amsterdam, dopo il primo gol in Champions, ha detto che i suoi sogni si stanno avverando. Porta fortuna sognare lo scudetto?
«Beh, quando un sogno si avvera passi subito al prossimo. Corri a inseguirne un altro e a pensare di andare oltre, sempre più in alto».
Facciamo un gioco: se potesse, sceglierebbe di vincere la Champions o il campionato?
«Perché devo scegliere? Tutti e due».
Lei fa ammattire i tifosi e anche gli avversari: quante botte prende in una partita?
«Un bel po' e a volte moltissime». Ride. «Non le conto».
Riproviamo a stuzzicare il suo ego. Carlo Ancelotti, parlando di Kvara, ha detto così: "E' speciale".
«E' stata una grandissima emozione, mi ha reso felice. Lo ringrazio di cuore».
Insistiamo: dicono che lei assomigli a George Best.
«Non faccio troppo caso a queste cose e tra l'altro credo che sia molto difficile arrivare a questi livelli. Diciamo che io voglio arrivare al mio livello: sto lavorando per me stesso. Per essere Kvara».
Chi era il suo idolo da piccolo e aspirante calciatore?
«Cristiano Ronaldo. Anche se il mio primo amore è stato Guti del Real Madrid. Quando giocavo con gli amici a Tbilisi, la mia città, indossavamo magliette bianche: io, dietro, scrivevo il suo nome».
Anche suo padre, Badri, è stato un ottimo calciatore ed è un allenatore.
«Dopo le partite parliamo sempre, ci confrontiamo: mi dà il suo parere e ovviamente qualche consiglio. Viene spesso a vedermi allo stadio».
La sua famiglia l'ha seguita a Napoli?
«Sì, sono quasi sempre qui con me. I miei genitori e i miei due fratelli: uno più grande e uno più piccolo. Di dodici anni. In Georgia gioca anche lui, con i Vikings, ed è veramente molto bravo. Moltissimo. Si chiama Tornike».
Se il Dna non mente, il Napoli dovrebbe comprare anche lui...
«Si! Magari. Perché no?».
La sua fidanzata, Nitsa, vive in Georgia?
"Per ora sì, ma qualche volta viene a trovarmi. Studia all'Università. Medicina».
A proposito del suo Paese: domani sfiderà la Cremonese e il suo connazionale Luka Lochoshvili.
«Siamo molto amici, ci conosciamo da bambini: abbiamo cominciato nella Dinamo Tbilisi e ora siamo insieme in Nazionale. Mi fa tanto piacere vederlo, però meno giocare contro di lui».
Difficile il campionato italiano, vero?
«Ci sono tante squadre forti, di altissimo livello, e per questo sarà dura: Milan, Inter, Juve, Lazio, Roma, Atalanta, Fiorentina. Anche l'Udinese ha cominciato la stagione alla grande».
Lo sa che se vincesse lo scudetto diventerebbe l'eroe di due mondi? Napoli e Georgia.
«Beh, chissà. Magari. Mi fa sorridere».
Ma è una cosa tremendamente seria, da queste parti. Le piace la città? Città e dintorni.
«Vivo nei pressi del centro sportivo e tra mille impegni non ho ancora avuto il tempo di visitarla come vorrei, ma per quello che ho visto mi piace tanto: è accogliente, ti riempie d'affetto e i tifosi e la gente in genere sono straordinari. E' proprio come me l'avevano raccontata».
Ideale per un calciatore, no?
«Qui sono pazzi per il calcio, un amore infinito. E poi a Napoli ha giocato Maradona. Maradona: lo amano tutti, ne parlano tutti. E' ovunque».
Frequenta i compagni di squadra?
«Quando andiamo a cena tutti insieme, altrimenti resto a casa. In famiglia».
Ha imparato qualche parola in napoletano?
«Sì, una. Ma non la ricordo! Nel frattempo studio l'italiano».
Come si mangia a Napoli?
«Molto bene: io ho sempre amato la pasta, anche nel mio Paese, quindi per me è perfetto».
Quale sport segue, lontano dal calcio?
«Il basket. L’Nba: il mio giocatore preferito è Stephen Curry. E' da lui che ho preso in prestito il modo di festeggiare un gol».
La cosiddetta night night celebration. Tipo mani sulla guancia e testa sul cuscino, sì. Famosissima ormai. Che musica ascolta?
«Dipende da come mi sento, dal mio stato d'animo. Di certo amo i Coldplay».
A giugno suoneranno dove suona lei: allo stadio Maradona.
«Quando?». A scudetto assegnato.